
Helmut Newton ha solo 4 anni, è steso sul letto della sua camera e sta guardando la sua balia che si prepara per uscire.
Lei è bellissima ed è seduta davanti ad uno specchio con indosso solo un paio di mutandine.
E’ notte e c’è solo una luce che illumina quello specchio, dall’alto.
Si apre con questa immagine l’autobiografia di Helmut Newton.
Se è vero che i grandi autori mettono nelle proprie fotografie tutto quello che hanno visto, la loro cultura e le loro esperienze, ripercorrerne la vita è il modo migliore per capire anche la loro opera.
E nel caso di Helmut Newton abbiamo la fortuna di avere a disposizione un’autobiografia da cui ho voluto prendere spunto in modo libero per la scrittura di questo post.
Lo stesso Newton racconta in un’intervista : “Le mie fotografie sono sempre costruite attorno a qualche mio ricordo”.
Allora vediamo quali tipo di immagini ha incontrato nella sua vita, di quale materia sono costituiti i suoi ricordi e tutto inizierà a prendere un senso.
Il primo lo abbiamo già visto, una donna nuda davanti a uno specchio.
Ma c’è dell’altro, la sua vita è stata in effetti molto interessante.
Ripercorriamola insieme e vediamo se davvero quei ricordi assomigliano alle sue fotografie.
Helmut Newton : i primi innocenti peccati di un fotografo
Il giovane Helmut Neustädter (cambierà più tardi il suo cognome in Newton), nasce a Berlino nel 1920 da una ricca famiglia ebrea non ortodossa, industriali nel ramo dei bottoni.
La sua gioventù è quella di un ragazzo benestante dell’ Europa occidentale, accompagnato a scuola dall’autista e con una balia personale.
A cinque anni il piccolo Helmut fa il suo primo incontro con il lato peccaminoso della vita notturna di Berlino.
E’ infatti assieme a suo fratello Hans, più grande di lui di dieci anni, quando vede “Erna la rossa” al lato di una strada nei pressi dei grandi magazzini KaDeWe.
Era una prostituta molto conosciuta che deve il suo nome al colore dei suoi capelli e la sua fama al fatto di indossare spesso degli stivali da cavallerizza (anch’essi rossi) e un frustino.
Helmut ne rimane folgorato.




Il piccolo Helmut passava tanto tempo in bagno in quel periodo, ammirando i numeri della rivista Das Magazin rubati dalla scrivania del fratello. C’era sempre una sezione con qualche modella nuda, che indossava tacchi bassi e calze nere di seta sorrette solo da un elastico.
A quell’età non era ancora l’impulso sessuale a guidare quella sua curiosità ma la pura fascinazione per le forme di quei corpi e di quegli accessori di abbigliamento intimo.
Nella casa dei Neustädter c’era la cosiddetta Herrenzimmer (letteralmente, la stanza dei gentiluomini) che era la biblioteca-studio del padre. Lì c’era una libreria che aveva una sezione aperta e una chiusa a chiave.
Nella parte chiusa a chiave c’erano i libri proibiti cioè quelli con tematiche erotiche. Il piccolo Helmut riuscì a trovare la chiave e leggeva a letto con una torcia romanzi meravigliosi come La signorina Else o le opere di Stefan Zweig. Erano storie provocanti senza niente di esplicito ma era facile immaginarsi di cosa di trattasse.
L’estate i genitori di Helmut Newton la trascorrevano in centri termali di lusso, quasi sempre in Germania. In quei luoghi il piccolo Helmut percepiva il gioco erotico che si instaurava tra le clienti e i giovani dottori dello staff medico.
Le ambientazioni dei grandi alberghi di lusso sono un’altra costante delle fotografie di Helmut Newton.




Dopo aver usato qualche volta la macchina fotografica del padre, a 13 anni il piccolo Helmut compra la sua prima Agfa ed inizia ad interessarsi alla fotografia.
Ma la folgorazione avvenne perché nello stesso garage utilizzato dal padre era solito lasciare la sua splendida cabriolet americana il grande fotografo di moda Munkacsi. Helmut si nascondeva, aspettava che arrivasse e che poi scaricasse dal sedile posteriore tutte le sue macchine fotografiche, per poi sparire in strada.
Anche lui sarebbe diventato un reporter d’assalto, sempre in giro per il mondo a fare foto.
Il nuoto è l’altra grande passione di quel periodo. Entra a far parte della squadra della scuola e inizia a frequentare assiduamente le piscine che diventeranno un altro scenario caratteristico delle sue fotografie.




Le piscine sono anche il teatro delle sue prime storie d’amore e di sesso non disdegnando anche qualche avventura con donne più grandi.
Nell’autobiografia si legge :
“Non andavo con le puttane o le ragazze povere.
Io e i miei amici scopavamo con le ragazze del nostro ceto sociale, le ebree di buona famiglia”.
E pare non se ne lasciassero scappare nessuna.
Helmut Newton : la parte migliore della sua adolescenza
A 15 anni Helmut non pensava che alle ragazze, al nuoto e alla fotografia.
Era quello anche il periodo dell’entrata in vigore delle leggi di Norimberga e in casa si iniziava a respirare un’aria strana. Al padre non fu più concesso di dirigere l’azienda e al posto suo misero un ariano.
Helmut capì che era opportuno iniziare ad imparare un mestiere. Cosa poteva accadere di meglio che iniziare a fare l’apprendista presso un fotografo?
Fu la madre a trovargli quel lavoro, presso una delle fotografe più famose di Berlino : si chiamava Yva. Si occupava di moda e di ritratti, aveva 36 anni ed Helmut si innamorò perdutamente di lei.
Nello studio di Yva lavorava anche un altro assistente della stessa età di Helmut e una ragazza che faceva la stampatrice. Aveva studiato al Bauhaus, indossava spesso pantaloni neri e camicia bianca col bavero e portava un monocolo. Helmut impazziva letteralmente per lei e faceva di tutto per trovare un pretesto per restare da solo con lei in camera oscura.
Quella del monocolo è una passione che gli è rimasta da allora. Pare portasse sempre con se quello del padre e in questa foto chiese a Paloma Picasso di indossarlo.




La situazione a Berlino diventa sempre più insostenibile per gli ebrei-tedeschi, anche per la famiglia di Helmut che ha sempre dimostrato di essere più tedesca che ebrea.
Nel 1938, a soli 18 anni, Helmut è costretto a lasciare Berlino per via delle leggi razziali naziste. Da solo si imbarcherà verso l’altra parte del mondo, a bordo della Conte Rosso con partenza da Trieste destinazione Cina, con solo due macchine fotografiche al collo.
La sua adolescenza gioiosa di giovane benestante europeo viene interrotta quasi all’improvviso dalla più grande sciagura della storia umana.
E qui termina la parte della sua vita in cui ha preso forma gran parte del suo inventario di immagini. Quei ricordi che poi, come abbiamo già visto nelle foto fin qui proposte, saranno la fonte principale dei suoi lavori.
Quello che è successo dopo fa parte della sua formazione di uomo e di fotografo.
Helmut Newton dall’altra parte del mondo
I dubbi su quello che avrebbe potuto trovare in Cina erano tanti e Helmut, come tutti i passeggeri della Conte Rosso, videro come una grande opportunità la sosta della nave a Singapore perché una commissione dei servizi sociali avrebbe offerto un lavoro a chi lo chiedeva e aveva le caratteristiche per farlo.
Helmut Newton era giovane, celibe, parlava inglese e aveva una macchina fotografica: venne scelto. Tanta fu la felicità perché Singapore era una colonia britannica ed era quindi un po’ come essere in Inghilterra.
Appena sbarcato a Singapore valutò che tutto quello che aveva in tasca era l’equivalente di 5 dollari in marchi e che sarebbero serviti a poco. Sulla Conte Rosso gli avevano raccontato che le cinesi avevano la fica di traverso e decise di investire quei 5 dollari in un bordello.
Non era vero. Adesso era a Singapore con un dubbio in meno e senza neanche un soldo in tasca.
Tentò la carriera di reporter ma senza fortuna perché era un lavoro che poco andava d’accordo con la sua pigrizia. Iniziò anche una storia d’amore con Josette, che aveva 34 anni ed era nella commissione che lo aveva scelto per poter rimanere a Singapore.
Poi scoppiò la guerra in Europa e un tedesco come lui, in una colonia inglese, era visto come un possibile nemico. Fu allora deportato in Australia nel campo di internamento di Totama.
L’Australia divenne la sua seconda patria; il campo di internamento non era punitivo e quindi nei 2 anni di permanenza se la passò relativamente bene, a parte una interruzione forzata dal sesso dovuta alla divisione per generi dei blocchi che costituivano il campo. Era il 1940.
Dopo due anni decise di arruolarsi come volontario nell’esercito. L’Australia non era in conflitto e quindi la sua vita militare fu comoda e potè riprendere i suoi rapporti con le ragazze.
Nel 1946 venne congedato e fu quella l’occasione in cui decise di cambiare il cognome. Era intenzionato a diventare un fotografo famoso e Neustaedter non andava bene : scelse Newton perché gli sembrava una buona traduzione di Neustaedter e mantenne Helmut come nome per mantenere un legame con la sua vita precedente.
Con i soldi della liquidazione comprò una splendida Ford V8 quattro porte, la stessa degli Intoccabili e finì tutti soldi che aveva come quella volta appena sbarcato a Singapore.
Apre a Melbourne uno studio di fotografia dove conosce la moglie June che in quel periodo faceva l’attrice e che non lo abbandonerà più per il resto della vita.
June diventerà una presenza molto importante anche per la sua professione di fotografo : fotografa anche lei con il nome di Alice Springs, è sempre presente durante i lavori del marito e, quando non lo è fisicamente, Helmut ha sempre un telefono a portata di mano per raccontarle come si stanno svolgendo i servizi fotografici.
Inizia a lavorare finalmente per Vogue Australia ma poi, nel 1961, la grande occasione : può tornare in Europa per collaborare con Vogue Francia.
Da quel momento la sua carriera è in ascesa : tra Europa e Stati Uniti diventa un’icona del mondo della moda collaborando con le più grandi riviste, sempre al fianco della moglie June.
Passerà la fine della sua vita tra Montecarlo e Los Angeles.
Helmut Newton : due fotografie sotto la lente
Le fotografie dei grandi autori, come ho già scritto nel post su Oliviero Toscani, hanno il grande valore di far arrivare con facilità il messaggio allo spettatore. La leggerezza che trasmettono è molto spesso il risultato di una costruzione dell’immagine complessa e molto curata.
Volevo prendere in esame due foto di Helmut Newton da questo punto di vista in modo da iniziare ad andare oltre i contenuti delle sue fotografie.
Helmut Newton : “Autoritratto con moglie e modella”
Una donna nuda davanti a uno specchio, ma questa non è una novità.
Sappiamo che non è pornografia, sappiamo che quest’immagine “è dentro” Helmut Newton da tanto tempo.
Come diceva lui : una donna non è mai veramente nuda se non indossa tacchi alti. In questo caso si tratta della sua modella preferita di nudo, statuaria e bellissima.




Siamo nel suo studio di Parigi e questa volta lo specchio riflette anche il fotografo che indossa un impermeabile. Non è proprio l’abbigliamento adatto per un fotografo in studio ma è per antonomasia l’abito dell’esibizionista, aperto tra l’altro all’altezza del bacino.
Helmut Newton diventa allo stesso tempo autore, guardone ed esibizionista.
Ci sono poi un paio di gambe di una modella seduta di cui non riusciamo a capire bene la collocazione all’interno della scena. Questo rende il tutto quasi surreale, consegna alla rappresentazione una dimensione di mistero.
E poi c’è June, la moglie, che guarda con distacco tecnico la scena dimostrando la il suo controllo sul lavoro del marito. La sua presenza riequilibra tutti i segnali erotici che Newton ha disseminato ed è come se stesse esprimendo un giudizio che tutto vuole essere tranne che un giudizio morale.
June sta guardando il marito al lavoro e, come lui, vuole che sia realizzata una buona fotografia.
E ancora, sullo sfondo, una porta aperta verso l’esterno, con la scritta “Sortie” quasi ad invitare all’uscita . Una soglia verso l’esterno (il cui significato potrebbe riportare a Luigi Ghirri) che rappresenta la preferenza di Helmut Newton a lavorare più in esterni o in luoghi pubblici rispetto allo studio.
E poi quando in una fotografia c’è una porta che lascia intravedere cosa accade dietro di lei, si apre sempre un magico mondo di possibilità che dà slancio alla fotografia stessa.
Helmut Newton : “Sie kommen”




Un dittico, cioè due fotografie che vanno lette insieme. Quattro bellissime donne prima vestite e poi nude, nella stessa identica posizione.
Trovo che in queste due fotografie ci sia buona parte del messaggio di Helmut Newton.
Da quando è diventato un ricco e famoso fotografo di moda Newton è entrato a far parte dell’alta borghesia e sente che questa è ossessionata e allo stesso tempo imbarazzata da un desiderio sessuale che viene continuamente represso.
Le sue fotografie rappresentano l’autorizzazione morale a non vergognarsene più.
Questa interpretazione facilita la lettura di tutto il suo lavoro : le sue foto vogliono dire semplicemente quello che descrivono. Allusioni sessuali, giochi sadomaso, lusso ed esaltazione del cattivo gusto.
Il dittico di Sie Kommen rappresenta il rapporto tra la realtà dell’alta borghesia sublimata dagli oggetti di lusso (gli abiti di moda) e il desiderio (il nudo).
E il significato anche in questo caso è molto semplice, diretto e si nasconde dietro una costruzione tutt’altro che banale.
Osserva bene le due fotografie. Helmut Newton curava sempre molto la costruzione dei suoi scatti, pianificava sempre molto bene ogni foto annotando su dei taccuini tutti i particolari.
Il gioco di queste due fotografie è quello di mostrare quattro donne prima vestite e successivamente nude nella stessa identica posizione. Le espressioni e la direzione dei loro visi, la posizione delle braccia ci dicono questo.
Eppure non è pensabile che a Helmut Newton fosse sfuggito che la seconda modella da sinistra cambiasse il piede di appoggio e soprattutto che le scarpe fossero diverse tra la prima e la seconda foto. Le scarpe : l’accessorio più importante dell’abbigliamento di una donna.
E quindi il messaggio è che quello che si immagina ci sia oltre la realtà non è esattamente come ce lo immaginiamo, i soggetti che rappresentano il desiderio non sono mai come effettivamente ce li siamo figurati.
Helmut Newton – il mito : Sumo e la Fondazione a Berlino
Nel 1999 viene pubblicato un libro monumentale, a celebrare la carriera del fotografo più rappresentativo del secolo : Helmut Newton è ormai un mito.
La prima edizione di Sumo esce in una tiratura di 10.000 copie firmate su un supporto realizzato da Philippe Stark e contiene oltre 400 delle immagini più rappresentative del fotografo tedesco.
Il libro vuole essere un vero e proprio monumento alla carriera di Newton; nel 2000 la prima copia di Sumo venne autografata da oltre 80 celebrità presenti nel libro e battuta all’asta per 430.000 $ diventato il libro più costoso della storia fino a quel momento.
Al fondo dell’articolo ti lascio il link ad una riedizione (decisamente più economica) uscita nel 2019 in occasione del ventesimo anniversario dalla pubblicazione.




Nel 2002 il sindaco di Berlino decise di dedicare un intero edificio della città all’esposizione degli archivi del grande fotografo : si sarebbe chiamata Fondazione Helmut Newton. Fu lo stesso Newton a scegliere tra 5 edifici proposti quello che avrebbe ospitato la fondazione che portava il suo nome.
Dopo aver trovato deprimenti i primi 4 edifici, si stavano per perdere le speranze di trovare quello giusto. Fu invece l’ultimo ad avere qualcosa di speciale che convinse Newton.
Il 23 gennaio del 2004, mentre era a Los Angeles, Helmut Newton muore in un incidente stradale a bordo della sua Cadillac mentre usciva dal garage dello Chateau Marmont il mitico albergo che utilizzava come residenza durante i periodi statunitensi.
Un guardiano lo vide accasciarsi sul volante mentre era alla guida e la macchina finì per schiantarsi sul guardrail di Marmont Lane.
Conclusioni
Ancora una volta l’analisi di un grande autore ci ha dimostrato che è sempre necessaria la presenza di un messaggio per fare buone fotografie.
E questo messaggio deve scaturire dal coraggio e da quello che siamo, deve cioè rappresentare la nostra firma particolare.
Helmut Newton mette nelle sue foto tutte le immagini di cui sono fatti i suoi ricordi, le cose che lo hanno colpito da bambino e quelle che si è sempre portato dentro.
Ma c’è un ricordo in Newton ancora più profondo delle sue donne davanti allo specchio o delle prostitute adorate negli anni della sua gioventù.
E’ stata quella fuga da Berlino a 18 anni che, a ben vedere, gli ha permesso di non rimanere vittima della più grande follia della storia dell’umanità.
E’ per questo che tra gli edifici di Berlino tra cui poteva scegliere per stabilire la Fondazione, Helmut Newton ne scelse uno dalle cui finestre si vedeva la stazione da cui nel 1938 prese quel treno verso Trieste e verso la salvezza.
La sua autobiografia si chiude infatti così :
[…] l’edificio sembrava in perfette condizioni, come se stesse aspettando me. Dalle finestre si vede la stazione dei treni e la pensilina dove 64 anni fa salutai i miei genitori per andarmene in giro per il mondo sconfinato. Non sono un tipo sentimentale, ma nel ricordare quel giorno non sono riuscito a trattenere un brivido.Helmut Newton
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