
Non c’è niente da fare : la fotografia in bianco e nero possiede un fascino tutto suo.
C’è chi dice che la fotografia a colori sia una gioia per gli occhi mentre quella in bianco e nero rappresenti una gioia per l’anima.
Una volta credevo che per fare una foto in bianco e nero bastasse togliere saturazione ad una foto a colori.
Ma non è così : una foto va pensata in bianco e nero già durante lo scatto.
Il sistema zonale, messo a punto da Ansel Adams negli anni 40 del ‘900, è un metodo di esposizione e sviluppo che consente di restituire la massima scala tonale nell’immagine finale, restituendo correttamente sia i dettagli in ombra che quelli presenti nelle luci.
Ansel Adams è uno dei grandi fotografi da cui ho tratto maggiore ispirazione.
Il sistema zonale è una tecnica nata dalle esigenze della fotografia a pellicola in bianco e nero.
Ti starai chiedendo : perché io che scatto in digitale dovrei imparare il sistema zonale?
Quali vantaggi mi porterei a casa?
Prima di tutto è un metodo che ti consentirà di migliorare l’esposizione, facendoti ottenere la migliore gamma tonale possibile ed evitando di perdere informazioni sulle alte luci o sulle ombre.
In secondo luogo imparerai a considerare come un unico processo le fasi di esposizione e post-produzione : scatterai in funzione di quelle che saranno le possibilità di elaborazione successive. Questo aspetto è di grande vantaggio soprattutto in relazione alle enormi potenzialità che il digitale offre nella elaborazione della foto dopo lo scatto.
E infine, riconquisterai quella capacità di intervento sulle tue fotografie che gli automatismi delle nostre macchine fotografiche ci stanno togliendo.
Tutto il lavoro di Adams sul Sistema Zonale è trattato all’interno del libro “Il Negativo” edito da Zanichelli, una lettura che comunque ti consiglio.
In questo articolo sintetizzo i passaggi fondamentali del libro e racconto le opportunità di utilizzo nel digitale.
In particolare vedremo .
- Il funzionamento dell’esposimetro
- La logica del Sistema Zonale
- Le zone di Adams
- Il Sistema Zonale applicato
- Le regole nello sviluppo della pellicola
- Applicazioni alla fotografia digitale
Sei pronto? Si comincia…
Il funzionamento dell’esposimetro
Prima di entrare nel merito del sistema zonale, è necessario avere chiari alcuni aspetti del funzionamento dell’esposimetro.
Anche se in questo articolo faremo considerazioni sulla fotografia in bianco e nero, i principi che regolano il funzionamento dell’esposimetro valgono anche per la fotografia a colori.
Una volta gli esposimetri non esistevano e regolare la macchina fotografica era davvero un problema.
Guarda questa tabella :




Quando non era ancora possibile misurare la luce proveniente dalla scena, era necessario fare riferimento alla descrizione di condizioni atmosferiche in cui avveniva la ripresa e puoi immaginare con quanta imprecisione interpretativa.
Se quella tabella avesse potuto parlare, avrebbe detto al fotografo che la stava consultando :
“Bene, scegli la condizione meteo che si avvicina di più alle condizioni in cui stai fotografando. Fatto questo, io ti propongo una serie di coppie tempo e diaframma che ti consentiranno di ottenere una foto esposta in un modo che la maggior parte delle persone troverebbe accettabile.”
Guarda adesso l’indicatore di una macchina fotografica reflex automatica :
Se potesse parlare lui, ci direbbe :
“Bene, con l’esposimetro io sto misurando la luce di una porzione della scena e conosco quindi perfettamente le condizioni in cui stai fotografando. Ti propongo una serie di coppie tempo e diaframma che ti consentiranno di ottenere una foto la cui esposizione nella porzione della scena misurata sia riconducibile al valore di un grigio medio al 18%”.
Due passi avanti enormi : la condizione di luce della scena viene misurata (e non più stimata) e il risultato finale è sempre lo stesso.
Ma qual è questo risultato finale uguale per tutti ?
Il grigio medio
Chi ha inventato i sistemi esposimetrici automatici aveva la necessità di riferirsi ad un risultato che fosse ben definito e il valore scelto fu quello di un grigio medio 18%, cioè un tono di grigio che sia a metà tra il bianco e il nero.
Questo è un concetto molto spesso trascurato ma è importantissimo da conoscere : la nostra macchina fotografica vede il mondo come se fosse grigio medio.
Qualunque sia la parte della scena misurata dall’esposimetro , questo farà in modo che in stampa essa diventi di un tono medio.
Nell’esempio che segue, ho misurato con l’esposimetro spot della mia reflex tre oggetti di colore diverso :
1) un pc portatile nero;
2) un altro pc portatile (il Mac) di un grigio prossimo al tono medio;
3) un foglio bianco.
Ho realizzato tre fotografie ognuna con l’apertura di diaframma suggeritami dall’esposimetro per ciascun oggetto: nelle tre stampe ognuno dei soggetti per cui era stata pensata l’esposizione risulta essere di un tono medio.
L’esposizione è stata effettuata tramite valutazione di tipo spot.
“Io misuro una porzione della scena (quelle indicate nei riquadri arancioni) e faccio in modo che quella zona sia rappresentata come un grigio medio”.
E questo è quello che successo…
Devi tenere a mente che, anche nel caso di una valutazione esposimetrica più estesa (tipo MATRIX, vedi foto che segue) l’esposimetro effettua una media ponderata di quello che trova nella scena; in base a questo ci ridarà un grigio medio che sarà da intendere come la risultante di tutte le tonalità che costituiranno il risultato finale.
E’ tutto un processo di calcolo e approssimazione a modelli di riferimento per fare in modo che il risultato finale sia corretto nel maggior numero di situazioni possibili.
L’avanzare della tecnologia sta rendendo questo processo sempre più sofisticato, ma voglio che tu percepisca la possibilità che hai di poter lasciare il tuo segno distintivo, conoscendo questi processi e utilizzandoli allo scopo di raggiungere il risultato che hai in testa tu, e non la tua macchina fotografica.
La conoscenza del sistema zonale, come vedremo tra un po’, servirà ancora di più a migliorare da questo punto di vista.
Ti chiederai : ma se si trova a metà tra bianco e nero, perchè è definito 18% e non 50% ?
Guarda questo grafico :
Rappresenta la curva che mette in relazione il Fattore di luminanza e la Chiarezza.
(Se vuoi approfondire, ti segnalo un articolo molto interessante sull’argomento).
Il Fattore di luminanza è il rapporto tra il valore della luce che il soggetto riflette rispetto a quella che riceve : è quindi un valore espresso in percentuale. E’ una grandezza fisica.
La Chiarezza invece è una grandezza percettiva e misura come noi interpretiamo i “grigi”. Chiaramente un fattore di Luminanza zero è percepito come nero, una Luminanza 1 è un bianco. In mezzo le cose non sono lineari.
Il tratto iniziale della curva è più ripido, questo vuol dire che per bassi valori di Luminanza basta una piccola variazione per indurre una grande differenza di percezione.
Infatti, il valore di Chiarezza del 50%, cioè un grigio che percepiamo come a metà
tra il nero e il bianco, si raggiunge già al 18% di Luminanza.
Quindi, il grigio 18% su cui è tarato l’esposimetro, è un grigio percettivamente medio.
Il 18% misura il valore oggettivo della quantità di luce riflessa.
La logica del Sistema Zonale
Ora che abbiamo ripassato quali sono le logiche di funzionamento dell’esposimetro, possiamo entrare nel vivo del nostro argomento.




La definizione per eccellenza del sistema zonale è quella che lo stesso Adams fa nel suo libro “Il Negativo” edito in Italia da Zanichelli, testo di riferimento per molte generazioni di fotografi :
Il Sistema Zonale ci permette di mettere in relazione le diverse luminanze di un soggetto con i valori di grigio, compresi tra il nero e il bianco, con cui intendiamo rappresentare ciascuna di esse nell’immagine finale. Questa è la base del processo di visualizzazione, sia che si desideri una rappresentazione letterale, sia che ci si voglia scostare dalla realtà per seguire i progetti del nostro “occhio della mente”.
Per definire un metodo che mettesse in relazione le luminanze di un soggetto con i valori di grigio del risultato finale, Adams si fece una serie di domande :
Con cosa misuro la luminanza di un soggetto?
Con l’esposimetro, ma questo mi dà come risultato finale un grigio a metà tra il bianco e il nero.
Come posso ottenere un grigio diverso?
Regolando la macchina fotografica su parametri diversi da quelli che mi indica l’esposimetro.
Sarebbe quindi utile definire la corrispondenza che c’è tra ogni variazione della regolazione della macchina fotografica e la variazione dei grigi sulla stampa finale.
Le regolazioni di una macchina fotografica possono avvenire variando l’apertura del diaframma o il tempo di esposizione : entrambi questi parametri portano alla variazione dell’esposizione.
Esiste una unità di misura di questa variazione : lo stop.
Uno stop è lo scarto di esposizione che porta al raddoppio oppure al dimezzamento della quantità di luce che giunge sulla pellicola o sul fotosensore durante l’esposizione.
Tra ciascuno di questi valori di diaframma c’è uno stop:
f/ : 1.4, 2, 2.8, 4, 5.6, 8, 11, 16, 22, 32, 45, 64
(Se vuoi approfondire, ti lascio un link ad un articolo sul controllo della profondità di campo attraverso la regolazione del diaframma – Clicca qui)
Tra ciascuno di questi valori di tempo controllato dall’otturatore (secondi e frazioni di secondo) c’è uno stop:
T: 8s, 4s, 2s, 1s, 1/4, 1/8, 1/15, 1/30, 1/60, 1/125, 1/250, 1/500, 1/1000, 1/2000, 1/4000
Sono i valori standardizzati che ritroviamo sugli obiettivi e sulle macchine fotografiche a prescindere da marca, modello e periodo di costruzione.
Adams intuì che erano quindi da mettere in relazione 3 fattori :
- l’indicazione dell’esposimetro;
- la differenza di stop rispetto a quella indicazione;
- la differenza di grigio ottenuto nella stampa finale.
Vediamo ora come riuscì a mettere insieme queste tre cose…
La determinazione della scala di Adams
Il punto di partenza fondamentale era questo : quello che indica l’esposimetro rappresenterà il centro della mia scala, il grigio medio a metà tra il bianco e il nero.
Attraverso la pratica Adams si accorse che il bianco e il nero assoluti erano distanti cinque stop dal valore centrale del grigio medio.
La scala avrebbe quindi avuto questa estensione :
Eccola qui finalmente : i valori definiti dai numeri romani sono chiamate zone di Adams e come vedete rappresentano dei valori di grigio, centrati sul grigio medio della zona 5.
Il passaggio tra un grigio e l’altro si ottiene attraverso uno stop di aumento di esposizione (per andare verso il bianco) o di diminuzione di esposizione (per andare verso il nero).
Come puoi notare dalla zona 2 alla 8 i valori di grigio rappresentati consentono ancora di avere dei dettagli, ma stiamo per analizzare nel dettaglio il significato di tutte le zone.
Il Sistema Zonale : il significato delle zone.
Adams diede anche delle descrizioni qualitative delle varie zone, per aiutare il fotografo in fase di visualizzazione.
Se ne trovano diverse in rete, ma io preferisco riportare quelle che lui stesso definì nel suo libro “Il Negativo” .
VALORI BASSI
Zona 0 : Stampa completamente nera. Nessuna densità utile sul negativo.
Zona I : Limite effettivo. Primo passo al di sopra del nero pieno sulla stampa, con leggere tonalità ma nessuna trama.
Zona II : Prime lievi tracce di trama. Tonalità profonde, corrispondenti alle parti più scure dell’immagine nelle quali si desidera distinguere qualche lieve dettaglio.
Zona III : I materiali mediamente scuri e i valori bassi mostrano sufficienti dettagli.
VALORI MEDI
Zona IV : Fogliame mediamente scuro, pietre scure o paesaggi in ombra. Valore normale per ritratti di persone con carnagione normale in ombra all’aperto.
Zona V : Grigio medio (riflettanza 18%). Cieli nordici chiari da rendere con pellicola pancromatica, carnagioni scure, pietre grigie, legni mediamente stagionati.
Zona VI : Valore medio della pelle di carnagione normale in luce solare, luce del cielo diffusa o luce artificiale. Pietre chiare, ombre sulla neve nei paesaggi illuminati dal sole, cieli nordici chiari su pellicole pancromatiche con un filtro azzurro chiaro.
VALORI ALTI
Zona VII : Carnagione molto chiara, oggetti grigio chiari; neve liscia con illuminazione fortemente laterale.
Zona VIII : Bianchi con trama e sfumature delicate; neve con tracce superficiali; alte luci su pelle normale.
Zona IX : Bianco senza trama superficiale, che si avvicina al bianco puro, paragonabile alla Zona I per la presenza di lievi tonalità senza una vera e propria trama. Neve in luce solare velata.
Zona X : Bianco puro del supporto della carta da stampa; riflessi speculari o sorgenti di luce presenti nella zona inquadrata.
Il Sistema Zonale Applicato
Porre e cadere
Per avere una buona esposizione basterebbe individuare sulla scena un grigio medio, oppure addirittura avere con sé un cartoncino 18% di riferimento per esporre correttamente : ma il sistema zonale dice di più.
Si vuole che tutte le aree della foto cadano nelle giuste zone in funzione di quello che abbiamo immaginato come risultato finale.
Adams lo definiva porre e cadere : noi scegliamo la luminanza di una precisa area della scena e, tramite le considerazioni che vedremo, esponiamo in modo che si posizioni nella zona voluta ; poi andiamo a verificare dove cadono le altre luminanze della foto.
Analisi di un caso pratico
Torniamo ad analizzare gli scatti che abbiamo visto prima parlando dell’esposimetro e del grigio medio.
Per variare il risultato dell’esposizione ho tenuto fisse due variabili : sensibilità a ISO 500 e tempo a 1/125 s.
Abbiamo detto che bisogna prima di tutto scegliere in base a cosa esporre e poi verificare dove cadono le altre zone della foto. Vediamo insieme il procedimento…
Nel mio caso avevo a disposizione nella scena il grigio medio del Mac, per cui l’esposimetro mi indicava di utilizzare un’apertura : f/ 5,6.
Se non avessi avuto il grigio medio a disposizione, avrei potuto riferirmi a quanto mi indicava l’esposimetro per il pc nero : f/2. Ma in questo caso il mio nero sarebbe diventato grigio medio, io invece volevo un bel grigione scuro da zona 2 : quindi avrei dovuto chiudere il diaframma di 3 stop e sarei arrivato a : f/5,6 di corretta esposizione (vedi che funziona?….).
Comunque : diciamo che la regolazione scelta è : f/5,6 (per avere il grigio del Mac simile a un grigio medio e il nero del pc come un grigio molto scuro).
Non mi resta che verificare quale valore mi indica l’esposimetro per il foglio bianco : f/11.
Le distanze tra i tre punti della foto sono quindi (in ordine di apertura del diaframma):
- Foglio bianco : f/11
- Mac grigio : f/5,6
- Pc nero : f/2
Schematizziamo nella scala degli stop e rappresentiamo graficamente le distanze tra i componenti della foto :
Nella foto sopra, i valori indicati si riferiscono alle indicazioni che mi forniva l’esposimetro per quelle specifiche aree. (La foto in realtà è scattata a f/5,6, non confondiamoci).
Analizziamo adesso le tre foto viste prima :
Quella che ci convince di più, esposta a f/5,6.
Come vedi non solo il grigio medio , in base a cui ho esposto, è corretto, ma anche gli altri due elementi caratterizzanti della foto cadono in zone opportune.
Il pc nero in zona 2 e il foglio bianco in un zona 7.
Vediamo le altre due : Esposizione in base al foglio bianco.
E’ stato traslato tutto verso le zone scure, ma la distanza tra le tre luminanze non è variata. I valori delle zone in cui sono andate a cadere le tre figure non sono però appropriati : il bianco è diventato grigio medio, il pc nero è praticamente svanito nello sfondo scuri e il pc grigio chiaro è diventato grigio scuro.
Vediamo l’ultima, esposta in base al nero del pc :
Questa volta è traslato tutto verso i toni chiari.
Il pc nero è diventato grigio chiaro, quello grigio praticamente bianco e il foglio non ha praticamente informazioni di dettaglio.
Il Sistema Zonale nello sviluppo della pellicola
Per arrivare a parlare del sistema zonale applicato al digitale, bisogna parlare della parte che a noi sembra più lontana di tutto questo discorso : dobbiamo infatti parlare delle considerazioni fatte da Adams durante lo sviluppo della pellicola.
Seguimi e ti spiego…
Adams verificò che si potevano avere effetti sulla resa tonale del negativo anche variando il tempo di sviluppo della pellicola.
In particolare, notò che tempi di sviluppo più lunghi aumentavano il contrasto della foto; sviluppi più brevi, lo riducevano.
Adams si accorse anche di un’altra cosa : le zone più sensibili alle correzioni in fase di sviluppo sono quelle delle alte luci. Al contrario, la zona delle ombre tende a registrare piccolissime variazioni anche a fronte di elevate variazione dei tempi di sviluppo.
Per questo motivo, quando si scatta in pellicola, è importante esporre per le ombre e fare in modo che già sul negativo ci sia il posizionamento desiderato per il risultato finale, altrimenti difficile da correggere.
Adams era solito scattare su lastre piane di grande formato e poteva applicare correzioni di sviluppo diverse ad ognuna delle sue fotografie, proprio perchè le lastre venivano sviluppate singolarmente.
L’avvento delle pellicole in formato ridotto da 35mm , i famosi rullini da 36 pose, ha reso le correzioni in fase di sviluppo pressoché impraticabili perché tutti gli scatti venivano trattati dallo stesso procedimento di sviluppo.
Uno sviluppo dedicato al recupero di una specifica fotografia avrebbe potuto compromettere le altre 35!
Durante il lungo periodo di utilizzo di questo formato, la logica del sistema zonale è stata applicata solo alla fase di esposizione, andando a perdere tutta quella possibilità di aggiustamenti che durante lo sviluppo potevano ancora essere effettuati.
Scommetto che a questo punto ti chiederai : perché fare tutti quei ragionamenti durante l’esposizione se poi ho la possibilità di correggere eventuali errori?
La risposta è molto semplice : è sempre meglio avere il miglior negativo possibile, cioè aver catturato in fase di ripresa una gamma tonale già abbastanza centrata sul risultato finale, in modo da avere la più ampia gamma possibili di regolazioni.
Il sistema zonale nella fotografia digitale
Per quanto riguarda la fase di esposizione, nel digitale valgono tutti i concetti che abbiamo fin qui espresso ad eccezione del fatto che mentre in pellicola è preferibile esporre per le ombre, nel digitale al contrario è preferibile esporre per le luci.
Questa differenza di comportamento è dovuta alla natura diversa dei processi che portano alla formazione dell’immagine : da un lato c’è una reazione chimica che porta la precipitazione sul negativo dei sali d’argento e dall’altro c’è la trasformazione in un segnale di corrente della luce che colpisce il sensore digitale.
Non approfondiremo qui l’argomento ma è importante conoscere questo aspetto ai fini di un corretto procedimento di esposizione.
In fase di post-produzione è possibile invece “correggere” il file digitale al pari di quanto avveniva durante lo sviluppo della pellicola, applicando le considerazioni del sistema zonale.
E, cosa più importante, questo può avvenire a livello di singolo scatto. Grazie al digitale si recupera quindi la possibilità di applicare le considerazioni sul sistema zonale anche dopo la ripresa, come avveniva per le lastre singole di Adams!
Le correzioni che in fase di sviluppo della pellicola possono essere controllate agendo sul tempo di esposizione, nel digitale sono possibili attraverso la gestione delle curve che molti software mettono a disposizione.
Su queste è infatti possibile avere una corrispondenza con la scala di Adams ed effettuare di conseguenza variazioni mirate sulle diverse zone. Da questo punto di vista, le possibilità date dal digitale sono maggiori di quanto sarebbe potuto avvenire in camera oscura.
Le curve di regolazione
Le curve permettono di modificare l’intera gamma tonale di una fotografia.
La gamma dinamica di una foto si estende dal valore RGB 0 (nero) al valore 255 (bianco).
Le due rappresentazioni della distribuzione della gamma tonale in una fotografia sono l’istogramma e le curve.
Nelle curve, l’istogramma è di solito rappresentato come sfondo, essendo le due regolazioni assolutamente collegate.
Nell’istogramma i valori della gamma tonale dallo 0 al 255 sono rappresentati sull’asse orizzontale e le altezze del grafico in corrispondenza di ciascun valore rappresentano il numero di pixel della foto che hanno quel valore tonale.
Nelle curve invece la gamma tonale è rappresentata da una retta obliqua su cui possiamo proiettare la scala da 0 a 255.
Ma se il valore 0 rappresenta il nero assoluto e il 255 il bianco è facile farli corrispondere rispettivamente alle zone 0 e 10 della scala di Adams.
Ipotizzando una corrispondenza lineare si può suddividere la scala in modo da dedurre gli altri valori.
La cosa straordinaria è questa : i punti della retta si possono modificare andando ad alzare o ad abbassare il tono corrispondente.
Ma vediamo un esempio.
Applicazione ad un caso pratico
Il soggetto scelto ha un forte contrasto tra l’orchidea in primo piano, a cui volevo dare un bel bianco brillante da zona 7, e lo sfondo in ombra, in cui mi sarebbe piaciuto far vedere le macchine fotografiche.
Poiché siamo in digitale ho deciso di esporre per le luci : quindi ho effettuato una misurazione spot sui petali dell’orchidea ed ho sovraesposto di due stop per raggiungere la zona 7.
Ho poi verificato dove cadeva l’altra parte della scena che mi interessava : purtroppo in zona 1, ma di questo me ne sarei preoccupato in post-produzione.
La foto scattata è questa :
Come previsto, lo sfondo non ha praticamente dettagli.
Analizziamo la foto con la funzione curve.
Come si utilizza la funzione curve?
Con la funzione contagocce, ci si posiziona sui vari punti della foto :
al variare del punto su cui facciamo cadere il contagocce (i punti rossi nell’esempio sopra), sulla retta delle curve apparirà un punto che indica il valore corrispondente.
Cliccando, si fissa sulla retta quel valore.
Come vedi, posizionando il contagocce, sulla retta vengono indicati i valori che mi aspettavo : zona 7 per l’orchidea e zona 1 per lo sfondo.
Adesso è possibile modificare quei valori semplicemente andando a muovere i punti sulla retta : alzare un punto vuol dire schiarire quella zona, abbassare avrà l’effetto contrario di rendere più scuro.
Avevamo detto di voler dare luce allo sfondo, vediamo che succede andando ad alzare il punto della zona 1.
Il livello raggiunto sullo sfondo è quello che volevo : si intravedono le macchine fotografiche ma rimane un bel grigio scuro che contrasta bene con l’orchidea.
E’ da notare che il programma non ha alzato solo il punto che sono andato a muovere (quello che era in zona 1) ma ha interpolato anche tutto il resto della curva; il bianco dell’orchidea è diventato un po’ troppo forte.
Come fare se si volesse correggere in maniera più mirata?
Considera che l’interpolazione avviene tra i due punti più vicini a quello che si va a muovere : il trucco è tracciare sulla curva tanti punti abbastanza ravvicinati tra di loro in modo da limitare gli effetti dell’interpolazione.
Guarda qui :
Siamo andati a modificare solo lo sfondo, lasciando l’orchidea al suo valore originale.
Le correzioni in camera oscura sul tempo di sviluppo non davano queste possibilità di modifiche selettive e scommetto che te ne stanno venendo in mente altre…
Devo fare una precisazione tecnica : la corrispondenza tra valori RGB e zone di Adams che ti ho indicato prima, potrebbe non essere così perfettamente lineare come la abbiamo ipotizzata.
Ad esempio, il valore zona 5 è di 118 RGB : quindi andando col contagocce sulla zona in cui è avvenuta l’esposizione dovresti posizionarti al centro della retta e questo potrebbe non avvenire perfettamente in funzione della taratura della macchina fotografica.
Ma è anche vera un’altra cosa : in post-produzione siamo in una fase di correzione, conoscere la corrispondenza esatta di un valore tonale della foto alle zone di Adams, ha davvero tutto questo senso?
Piuttosto ha senso aver capito il significato di questa correzione, di cosa stiamo realmente facendo quando muoviamo i punti su quella curva, a prescindere da tutti i riferimenti che abbiamo a disposizione.
Conclusioni
Proviamo a fare una sintesi di quello che abbiamo visto :
- se segui le indicazioni dell’esposimetro, avrai un risultato sul grigio medio;
- il sistema zonale ti dà la possibilità di capire quali saranno i toni sulla fotografia finale in funzione di quello che ci dice la macchina fotografica;
- in post-produzione avrai ancora la possibilità di effettuare correzioni ma è importante aver catturato durante lo scatto il maggior numero di informazioni nelle zone più chiare e più scure;
- una fotografia in bianco e nero devi pensarla già durante lo scatto, in prospettiva di quello che vuoi ottenere e di quanto potrai ancora modificare.
Adesso tocca a te applicare quello che hai imparato.
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Fino ad oggi, in che modo scattavi le tue foto in bianco e nero?
Nella figura del paragrafo “Le curve di regolazione” mi sarei aspettato che in numeri arancioni fossero:
0 – 25.5 – 51 – 76.5 – 102 – …..
cioè con passi di 25.5 (255 diviso 10 livelli).
Perché non è così?
Buongiorno Giuseppe,
la suddivisione della scala RGB dei valori da 0 a 255 così come rappresentata è dovuta alla codifica di Adobe RGB. Lo spazio RGB, infatti, organizza le zone con una curva che simula la risposta visiva degli esseri umani.
Se vuoi approfondire ti consiglio questo link : http://www.cultor.org/zone/C.html.
Troverai in rete altre corrispondenze tra curva RGB e valori zonali di Adams che invece suddividono la scala con passi da 25,5 come ti aspettavi tu. E’ quindi tutto legato al sistema di codifica.
Spero di esserti stato utile.
Mi sembra che nella scala degli stop riferiti ai tempi di scatto manchi il 1/2″ …..
Un cordiale saluto !