Comprendere il corretto utilizzo degli ISO in fotografia è fondamentale per riuscire a controllare l’esposizione fotografica.
E controllare l’esposizione è l’unica cosa tecnica che c’è da sapere.
Ma allora perché molti fanno fatica a regolare la macchina fotografica appena gli automatismi non riescono a farlo al posto loro?
Sto parlando delle situazioni difficili, di poca luce o forti contrasti, in cui c’è bisogno che venga fuori la vera abilità del fotografo.
Voglio che tu arrivi ad ottenere questa capacità, perché è la base per poter praticare la fotografia con consapevolezza e iniziare a fare foto migliori.
Essere in grado di regolare la macchina fotografica senza l’aiuto degli automatismi prevede la conoscenza di tre cose : l’apertura del diaframma, il tempo di esposizione e la sensibilità ISO. Non a caso questi tre aspetti costruiscono il triangolo dell’esposizione.
Abbiamo visto in altri articoli che la regolazione del diaframma ha effetto anche sulla profondità di campo e che la velocità dell’otturatore, che misura il tempo di esposizione, incide sulla dinamica dei soggetti.
Anche la regolazione degli ISO, oltre ad avere effetto sulla luminosità della scena, incide sulla grana della fotografia e cioè sulla sua definizione.
In questo articolo cercheremo di capire meglio quali sono gli effetti della variazione degli ISO sulle tue fotografie e, come al solito, lo faremo partendo dalla pratica.
Ma prima, lascia che ti racconti la sua importanza.
Sei pronto?
Cominciamo…
Gli ISO in fotografia : il significato della loro importanza.
Durante i primi anni di sviluppo della fotografia, siamo quindi a cavallo della seconda metà del 1800, i tempi di esposizione erano dell’ordine di grandezza dei minuti.
Hai capito bene : minuti! Questo voleva dire che era possibile fotografare solo scene statiche senza alcun soggetto in movimento. A quel tempo i supporti fotosensibili erano costituiti da lastre trattate chimicamente.
Adesso immaginiamo questa scena : un fotografo del 1860 scatta una foto sulle rive della Senna in una bella giornata primaverile dal cielo senza nuvole. Piazza la sua attrezzatura a mezzogiorno, tiene il diaframma a f/16 (scelta obbligata a quei tempi) e attende il suo interminabile tempo di esposizione di 8 minuti. Spera con queste regolazioni di ottenere una corretta esposizione.
Dopo se ne torna a casa e nel pomeriggio provvede al lungo procedimento di “sviluppo” della lastra : il risultato è buono! Tutto contento se ne va a dormire.
Il giorno dopo si sveglia presto, ancora galvanizzato da quel che gli è accaduto il giorno prima : finalmente una corretta esposizione. Guarda fuori dalla finestra e, benché fosse l’alba, la giornata prometteva di essere serena come quella prima. Decide allora di condividere quel risultato con un amico che aveva come lui la passione per la fotografia.
Lo passa a chiamare, gli fa vedere la sua foto ben esposta e gli promette che è in grado di ottenere di nuovo quel risultato. I due raggiungono lo stesso punto in cui era stato scattata la foto bene esposta, montano le loro attrezzature, inquadrano più o meno la stessa scena nella stessa direzione, diaframma f/16 : click, e aspettano gli 8 minuti. Anche oggi il cielo è terso e non c’è neanche una nuvola.
Grande fu la delusione dopo lo sviluppo delle lastre : la foto dell’amico era tutt’altro che ben esposta. Molto scura, non aveva alcun dettaglio nelle zone in ombra e il risultato non era affatto soddisfacente.
Ma la delusione più grande fu scoprire che anche la foto del nostro fotografo felice (fino a qualche momento prima…) aveva un livello di esposizione molto diverso da quello ottenuto il giorno prima.
Come era potuto accadere ?
La definizione di una scala univoca di sensibilità
La risposta è da ricercare nel fatto che le lastre hanno risposto alla luce in maniera diversa perché il risultato di due preparazioni non uguali. Sicuramente quella dell’amico, essendo stata preparata da una mano diversa e magari con prodotti di diversa origine, aveva più motivi di aver dato una risposta differente.
Ma anche la preparazione della lastra fatta dal nostro fotografo non era stata perfettamente uguale a quella del giorno precedente, per motivi legati alla non perfetta ripetibilità dei metodi di preparazione disponibili a quel tempo.
Era davvero un bel casino fare foto in quelle condizioni…
Capisci bene che una delle prime necessità dei fotografi era avere un riferimento della sensibilità della superficie fotosensibile che fosse uguale per tutti. Per avere un risultato di questo tipo dobbiamo aspettare il secolo successivo e capisci bene che il tutto è stato possibile grazie alla ripetibilità garantita dai processi industriali di produzione delle pellicole.
I primi ad inventarsi un metodo per la definizione univoca della risposta delle pellicole furono gli americani della Kodak e lo fecero andando ad esprimere i tempi di otturazione necessari ad avere una corretta esposizione in determinate condizioni.
Le condizioni erano : diaframma f/16, sole splendente e ombre nette e senza nuvole. I valori in frazioni di secondo dei risultati ottenuti costituivano la sensibilità della pellicola, a quel tempo espressa in ASA.
Ad esempio : una pellicola 4 ASA, era quella che garantiva una corretta esposizione nelle condizioni descritte sopra con 1/4 di secondo di esposizione. I nostri due amici non avrebbero avuto sorprese se le loro lastre fossero state classificate con un metodo simile.
ISO rappresenta l’acronimo di International Organization of Standardization ed è solo un metodo di standardizzazione diverso rispetto agli ASA. Il concetto di fondo che ci interessa rimane lo stesso.
Gli ISO in fotografia : la rivoluzione del digitale.
Una volta che tutte le pellicole avevano una sensibilità standardizzata era molto più semplice raggiungere una corretta esposizione. Se aggiungiamo l’arrivo degli esposimetri, il gioco diventa ancora più facile.
L’esposimetro consente in pratica di misurare la luce proveniente dalla scena e non doversi più riferire a condizioni meteo descrittive. A tal proposito ti riporto la Tabella orientativa dei dati di posa di una vecchia macchina fotografica Ferrania :

Abbiamo visto che per controllare l’esposizione di una fotografia si può agire su tre fattori : tempo di esposizione, apertura del diaframma e sensibilità ISO.
A mio parere questo è vero solo con l’avvento del digitale. Perché ?
Pensaci bene…
Quando si scattava in pellicola era possibile regolare per ogni scatto il tempo di esposizione e l’apertura del diaframma.
Ma il valore di sensibilità del rullino caricato nella mia macchina fotografica rimaneva lo stesso per 36 foto consecutive! Era praticamente un parametro fisso e che quindi non potevo utilizzare nelle mie regolazioni, al contrario degli altri due che avevo la libertà di variare tra uno scatto e l’altro.
In termini di controllo dell’esposizione era come non esistesse.
A mio parere la possibilità di poter variare la sensibilità ad ogni scatto ha rappresentato la rivoluzione più grande portata dal digitale in fotografia.
Come imparare a regolare gli ISO : lo schema degli esercizi.
Come mio solito, per far comprendere quali sono gli effetti di una regolazione sulla foto finale, ti farò fare delle fotografie. Dopo vedremo la teoria.
In questo post ho descritto quali sono le motivazioni di questo metodo e quali i vantaggi.
Il sistema degli esercizi e gli esempi sono tratti dal nostro manuale : Le basi della tecnica fotografica (insegnate attraverso la pratica).
Mi interessa soprattutto farti avvicinare alle basi della tecnica fotografica, di cui la regolazione degli ISO fa parte, in modo semplice e pratico. Così ti potrai dimenticare presto della tecnica e dedicarti davvero alla fotografia.
Il flusso degli esercizi che seguiremo è rappresentato in questo schema :
La regolazione degli ISO in una fotografia ha sia effetto sulla luminosità della scena, sia sulla grana della fotografia.
In sintesi il metodo è questo :
- scatta in automatico una fotografia e osserva la luminosità e la grana ottenute;
- aumenta solo il valore degli ISO e osserva come variano la luminosità e la grana della scena;
- diminuisci solo il valore degli ISO e osserva come variano la luminosità e la grana della scena;
- scegli uno dei valori di ISO trovati prima in funzione del risultato che vuoi ottenere e varia tempo di esposizione o apertura del diaframma per ottenere la luminosità voluta.
Vediamo subito un esempio di applicazione.
Foto in automatico
Osservazioni
Come vedi mi sono affacciato alla finestra e ho fotografato la strada con le macchine che passavano. Ricorda : non dobbiamo cercare lo scatto del secolo ma solo esercitarci a regolare la macchina fotografica.
Era tardo pomeriggio e il cielo era un po’ nuvoloso.
Per poter riuscire ad apprezzare la differenza della grana portata dai diversi valori di ISO faremo degli ingrandimenti della Panda che ho cerchiato in rosso.
Prima variazione : aumento del valore degli ISO.
Osservazioni
Come si può notare la luce della scena è aumentata in maniera proporzionale all’aumento del valore degli ISO : abbiamo imparato che la luce aumenta all’ aumentare degli ISO.
Per quanto riguarda la grana, si può notare già a vista che alcuni elementi della foto siano più “pixelati” rispetto alla foto precedente, ma l’eccessiva luce della scena forse non rende questa foto la migliore per fare delle considerazioni in merito.
Torneremo dopo a confrontare la grana del soggetto che abbiamo scelto, la panda rossa, tra due foto con un’esposizione simile e due valori di ISO molto differenti tra loro.
Adesso procediamo alla seconda variazione : purtroppo il minimo valore di ISO che consente la mia macchina fotografica è di 100 e quindi non potremo fare una variazione verso il basso importante come quella fatta verso l’alto.
Seconda variazione : diminuzione del valore degli ISO.
Osservazioni
La variazione degli ISO verso il basso è stata effettuata passando da 200 a 100 ; il livello di variazione di luce sulla foto è questo :
A sinistra la prima foto a ISO 200 e a destra quella a ISO 100 a parità degli altri due parametri tempo : 1/250 e luminosità : f/4.
Puoi notare una variazione di luce di uno stop, cioè lo stesso che avremmo ottenuto passando da un valore di stop all’altro nella scala dei diaframmi oppure dimezzando il tempo di esposizione.
A dire il vero, la minore luce di questa foto la preferisco a quella della prima foto scattata in automatico perché è più simile a quello che avevo davanti agli occhi nel momento dello scatto.
Questo capita sempre per via della taratura dell’esposimetro.
L’esposimetro è un dispositivo che misura la quantità di luce all’interno dell’obiettivo ed ha una taratura che indica il valore corretto quando misura una luce riflessa pari a quella del grigio medio, cioè un valore di grigio che percettivamente è a metà tra il bianco e il nero.
Capisci bene che quando la scena che hai davanti ha un valore medio più basso del grigio medio, l’esposizione automatica ti restituisce una foto più chiara della scena effettivamente osservata.
L’ho raccontata semplificando molto e ci sarebbero tanti approfondimenti da poter fare ma il concetto è che spesso devi correggere quello che ti suggerisce la macchina fotografica.
Ora che siamo diventati bravi, scegliamo il valore ISO 4000 per l’ultimo esercizio e compensiamo con tutti e due gli altri parametri.
Recupero dell’esposizione
Osservazioni
Il valore di 4000 ISO era in effetti molto elevato e per compensarlo abbiamo agito sia sul valore di f che sul tempo di esposizione, diminuendo entrambi.
Ma finalmente possiamo verificare l’effetto che vogliamo controllare e cioè la grana della fotografia. Come anticipato, ci concentriamo sulla Panda rossa :
L’aumento del valore ISO porta non solo più luce alla foto ma anche l’effetto che noti nella foto di destra : potremmo definirla una minore risoluzione o maggiore pixelatura dell’immagine.
In pratica i contorni sono meno definiti e anche i colori uniformi presentano una puntinatura.
Teoria sugli ISO : il comportamento della superficie fotosensibile
Non ci resta che vedere quali sono i principi di funzionamento di pellicola e sensore e spiegarci il perché dell’effetto dell’aumento della grana all’aumentare della sensibilità della superficie fotosensibile.
La pellicola fotografica
Una pellicola fotografica è costituita da un’emulsione all’interno della quale sono sospesi dei granuli di alogenuro d’argento, sensibili alla luce.
Non staremo qui ad approfondire tutti gli aspetti chimico fisici relativi alla formazione dell’immagine fotografica nelle pellicole.
Diremo soltanto che la maggiore o minore sensibilità di un’emulsione fotografica dipende dalla dimensione e dalla forma dei grani di alogenuro d’argento presenti in sospensione nella gelatina. Più i grani sono grandi e ravvicinati maggiore è la capacità di ognuno di catturare una quantità maggiore di luce durante l’esposizione.
Da quì si deduce che anche per la pellicola, l’effetto di innalzamento degli ISO e quindi della sensibilità si traduce in una “grana” più grossa e in una minore definizione, perchè la maggiore vicinanza dei grani fa sì che il segnale luminoso si estenda anche a zone non direttamente colpite dalla luce.
Il sensore digitale
Un sensore digitale è formato da una serie di fotodiodi che hanno la capacità di trasformare il segnale luminoso da cui sono colpiti in segnale elettrico.
Ogni fotodiodo è un piccolo sensore che cattura la luce nelle sue 3 componenti fondamentali : il rosso, il verde e il blu.
Un sensore digitale possiede una sua sensibilità nativa per cui, se colpito da una determinata quantità di luce, il sensore è in grado di restituire un’immagine ben esposta.
Quando la quantità di luce è inferiore al valore richiesto dalla sensibilità nativa, c’è bisogno di amplificare il segnale.
Quando selezioniamo sulla nostra macchina fotografica valori di ISO superiori a quello nativo avviene dunque un’amplificazione del segnale.
Un sensore digitale si basa sul processo fisico del trasferimento di corrente elettrica. All’interno di un sensore esistono vari possibili percorsi per la corrente che generano interferenze.
In tutte le condizioni, anche per valori di ISO nativi, queste interferenze vengono registrate come un segnale di disturbo di fondo. Per i valori nativi però questo disturbo non è percettibile.
Le amplificazioni successive, necessarie quando non c’è abbastanza luce per scattare ai valori di ISO nativi, rendono sempre più evidente questo disturbo di fondo che viene definito “rumore“.
Il rumore ha la forma dell’effetto che abbiamo visto prima nell’ingrandimento della Panda rossa a 4000 ISO:

Nella foto a 100 ISO (valore più basso quindi nativo della macchina utilizzata) non era percettibile:

Conclusioni
Vediamo in sintesi quello che abbiamo visto in questo articolo :
- l’importanza di standardizzare la sensibilità dei supporti fotosensibili ha reso possibile la diffusione e il successo della fotografia;
- il digitale ha reso utilizzabile la regolazione degli ISO nel processo dell’esposizione fotografica;
- il recupero della luminosità tramite aumento del valore degli ISO ha come conseguenza l’aumento della grana della fotografia;
- l’aumento della grana è causato da fenomeni chimici nelle pellicole e da fenomeni elettrici (rumore) nei sensori digitali.
Ti ho fatto vedere uno metodo per esercitarti a comprendere gli effetti della variazione del valore degli ISO e ti ho mostrato anche un esempio di applicazione.
Non ti è venuta voglia di provare a fare qualche scatto e provare a regolare gli ISO?
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