Qualcuno dice che le scoperte più belle sono quelle che si fanno in modo inaspettato mentre si cerca qualcos’altro.
La sorpresa improvvisa di questi ritrovamenti li rende ancora più preziosi di quelli che avevamo programmato di fare all’inizio.
Le persone che hanno il vizio di dare sempre un nome a tutto, questa cosa la chiamano “serendipità”.
E così, cercando informazioni su un fotografo, mi è capitato di scoprire l’autore della copertina del disco che più amavo da bambino.
E sempre informandomi su quel fotografo, scoprire un cantante che fa musica proprio come quella che amavo quando andavo all’università.
Cercando poi le date del tour di questo cantante, ho scoperto per caso che legge i libri di uno scrittore da cui sono riuscito ad avere la chiave di lettura di quelle fotografie da cui tutto è partito.
Capire i lavori dei grandi fotografi è il modo migliore per migliorare i tuoi scatti e durante questo percorso ti potrebbe capitare di fare scoperte inaspettate e meravigliose.
Proprio come è successo a me.
Se vuoi, ti racconto passo passo come è andata…
Il disco che più amavo da bambino
Quando ero piccolo io erano gli anni 80 e la musica che si ascoltava a casa mia, era capitata lì per caso.
Erano audiocassette dismesse da qualche parente o acquistate in autogrill durante una sosta di quegli interminabili viaggi estivi sull’autostrada delle vacanze.
E così posso definire del tutto casuale la mia prima formazione musicale. Guardando indietro devo dire che non mi è andata poi tanto male.
La cassetta più ascoltata durante quelle traversate di Italia con roulotte al seguito e i finestrini abbassati (a quel tempo l’aria condizionata in macchina ce l’avevano solo i ricchi) è stato l’album “Dalla” del 1980, quello con lui e il basco di lana in copertina.

Un album che a detta di molti rappresenta un capolavoro della musica leggera italiana.
Se ascolti da bambino un disco così pieno di personaggi straordinari va a finire che te li porti dentro per tutta la vita.
C’era Sonni Boy, lo zingaro del luna park coi denti di ferro e la mappa delle stelle disegnata sulle braccia; c’era un ballerino che ballava su una tavola tra due montagne. E poi c’erano le grandi tette di Meri Luis ed il suo amico che le voleva toccare.
Sull’onda dell’innamoramento per questi personaggi e per la voce di Lucio che era diventata quasi di famiglia, comprammo il doppio vinile Dallamericaruso, album live del 1986 che raccontava la sua tournée americana.
Quante volte ho fatto girare quel disco : ricordo che il Natale di quell’anno fu una presenza importante in casa al pari dell’albero e delle luci.
Era quello il mio disco preferito perché era un live, perché avevamo scelto di comprarlo e perché era un vinile.
Ero completamente rapito dalle foto che c’erano dentro l’enorme copertina che si apriva a libro.
Quella in cui Dalla è a bordo piscina col panama e gli occhiali da sole, quelle della sua ombra che suona il piano in controluce o quella della luna che si specchia nel mare a fare da sfondo al testo di Caruso.




Un salto nel tempo
Sono passati tanti anni da quel Natale : ho finito il liceo nella mia città, sono andato a studiare a Torino e ora lavoro qui.
Durante gli anni universitari suonavo in gruppo e ascoltavo i Marlene Kuntz. Potrebbe sembrare strano studiare ingegneria e ascoltare i Marlene, eppure lo facevamo in tanti : chissà perché.
Poi, dopo aver fatto tutto quello che gli altri si aspettavano da me, ho cercato una valvola di sfogo, uno strappo nella rete.
Anche questa è una cosa che fanno in tanti e in tanti modi diversi (tanti, ma non tutti).
Per me lo strappo è stato aprire questo blog e iniziare a scrivere di fotografia, la mia grande passione.
Scrivere senza compromessi mi sono sempre detto : solo quello che piace a me, poca tecnica, mai parlarsi addosso e poi parlare dei grandi fotografi.
Quelli che amo da sempre e quelli che avrei voluto tanto conoscere e approfondire.
E tra questi ultimi, c’era Luigi Ghirri.
Avevo sentito parlare di Ghirri molte volte e le sue fotografie mi avevano sempre affascinato, ma volevo saperne di più.
Durante le ricerca di informazioni che mi sono servite per scrivere il post su Luigi Ghirri ho fatto una scoperta straordinaria : in vita era stato un grande amico di Lucio Dalla e sono sue le fotografie di Dallamericaruso.
Era con lui durante il tour americano, ha fatto le foto anche di altri album di Dalla e di altri cantautori italiani.
E’ sua la copertina di un disco mitologico come Epica, Etica, Etnica, Pathos, ultimo album dei CCCP. Ghirri era presente durante le registrazioni.




Da quella scoperta si è creato un legame particolare con Ghirri, ma qualcosa ancora delle sue foto non riuscivo a capire fino in fondo.
Sempre per caso, mentre mi informavo sulla sua vita, ho visto un’intervista ad un cantautore italiano che parlava delle sue fotografie in una storia di Instagram del museo Maxxi di Roma.
Questo cantante si chiama Vasco Brondi.
Canzoni di paesaggi minimi
Sapevo dell’esistenza di Vasco Brondi e delle sue Luci della centrale elettrica.
Hanno iniziato a fare dischi nel 2007, un periodo della mia vita in cui avevo finito l’università, non suonavo più e non ascoltavo più i Marlene.
Non era più il caso mi dicevo di ascoltare quel tipo di musica, stavo cercando di darmi un tono che forse non mi apparteneva. Ma c’è sempre tempo per rimediare a questo tipo di errori di valutazione e se non lo fai rischi di finire nei guai.
Infatti ho iniziato a seguire Vasco Brondi e devo dire che erano anni che non sentivo qualcosa del genere in musica.
Come nei Marlene, si sente la necessità di non fermarsi al primo ascolto per riconoscere la forma della canzone.
Una volta che le melodie ti entrano dentro restano lì come il granito e le potresti riascoltare all’infinito senza annoiarti mai e sempre scoprendo cose nuove.
Quello che lo stesso Vasco Brondi sottolineava su Luigi Ghirri in quell’intervista del Museo Maxxi, era la forza di aver dato dignità a cose minori come le periferie e i paesaggi minimi.
E soprattutto quello di aver inserito nell’immaginario delle sue fotografie cose desuete, quasi a voler distrarre l’attenzione dai soliti significati per puntarla verso luoghi poco abitati e bellissimi.
Anche le canzoni di Vasco Brondi sono frequentate da parole poco usate, disegnano immagini che non ti aspetti e meravigliosi accostamenti di figure.
Le cose insolite appena le ascolti ti provocano come delle piccole ferite alle orecchie.
Ad ogni ascolto cresce un graduale sollievo di cui dopo un po’ non puoi più fare a meno, verso una meravigliosa guarigione.
Quando senti pronunciare di seguito la tour eiffel, le guerre di religione, la stazione spaziale internazionale, le armi di distruzione di massa e le canzoni d’amore il tuo cervello patisce il fatto di non riconoscere subito quegli accostamenti.
Eppure in Coprifuoco, Vasco Brondi le ha messe in fila proprio come ve le ho scritte sopra. Dopo la piccola abrasione del primo ascolto, tutte le volte che inizia la canzone non vedi l’ora che arrivino quei versi.
Tutto mi iniziava a tornare eppure mancava ancora qualcosa per capire fino in fondo questi autori.
Ancora una volta ho trovato la soluzione per caso, mentre cercavo qualcos’altro.
La chiave di lettura
Proprio nel periodo in cui ho scoperto Vasco Brondi, stava uscendo il suo primo disco solista.
Si chiama Paesaggio dopo la battaglia e Brondi fa un regalo a tutti noi : sulla copertina dell’album c’è una foto inedita di Luigi Ghirri.
La fotografia di una Panda che avanza sull’orizzonte sotto un cielo carico di nuvole scure.




Tanti anni dopo la morte di Ghirri : chi se lo aspettava più?
Mentre sono sul profilo Instagram di Vasco Brondi a cercare il link per comprare il disco (rigorosamente in vinile), vedo per caso un post in cui c’è un estratto di un libro di uno scrittore che non avevo mai sentito prima.
Il titolo del libro è “La scomparsa dei riti.” e l’autore è Byung-Chul Han.
Lo compro, lo leggo e mi piace molto.
Ne compro un altro che si chiama “La salvezza del bello” e in questo trovo dei passaggi illuminanti.
Soprattutto perché si riferiscono al concetto di Punctum di cui parla Roland Barthes nella sua “La camera Chiara“, un testo fondamentale per la fotografia.
Il Punctum rappresenta quell’aspetto della fotografia che va oltre il razionale e che colpisce emotivamente lo spettatore. Aspetti di questa natura sono molto rari e caratterizzano le grandi fotografie.
La puntura provocata è come quella piccola ferita di cui parlavamo prima, è lei che ti viene a cercare e tu non sai bene perché ti senti rapito.
Il punctum non si lascia tradurre in un’informazione o in un sapere.
Il punctum è il resto che resiste restando alle spalle della rappresentazione, l’immediato che si sottrae alla mediazione di senso e significato […] è il reale che è antitetico al simbolico.Il punctum si sottrae alla percezione immediata e matura lentamente nello spazio dell’immaginazione, che si dispiega chiudendo gli occhi.
Nel punctum hanno luogo le segrete corrispondenze delle cose.Byung-Chul Han da “La salvezza del bello”
Ecco la chiave : nelle fotografie di Ghirri il significato non è a portata di mano ma c’è qualcosa che va oltre l’abbinamento del segno a quello che si vuole rappresentare.




C’è una canzone in Paesaggio dopo la battaglia che si chiama Chitarra Nera e che sembra una foto di Luigi Ghirri.
Come può una canzone assomigliare ad una fotografia?
Non si tratta di un’analogia del soggetto ma del suo non sembrare una canzone; proprio come molte foto di Luigi Ghirri si allontanano da quello che ci aspettiamo debba essere una fotografia.
La somiglianza sta nel non appartenere alla loro forma tipica.




Dopo il primo ascolto, Chitarra Nera ti lascia spiazzato; nessuna ripetizione di strofa e ritornello, non una linearità della narrazione ma tante piccole immagini.
Eppure, dopo ogni ascolto, riconosci tanti passaggi melodici, come se fossero più canzoni in una. Ti immagini quel basso finito su un’isola greca, ti interroghi sulla differenza tra una casa di reclusione e una casa circondariale, il tutto su un tappeto sonoro in continua oscillazione.
E dopo tutta questa difficoltà ad orientarsi, il sollievo degli ultimi versi che più lirici non si può :
Chissà se hai avuto un’ultimissima notte d’amore
Ci vediamo nella prossima vita
Mi ricomincerai a salutare
Ti ricomincerò a salutare
Siamo sempre stati pieni d’amore
Pieni da scoppiareChitarra Nera, Vasco Brondi
Luigi Ghirri diceva : “…canzoni e fotografie mi sembrano sempre piccole illuminazioni, squarci visionari che si consegnano a noi per diventare semplicemente parti della nostra vita”.
La fine della storia
Esiste una linea di confine oltre la quale spariscono i significati e quelli che hanno il vizio di dare un nome a tutte le cose diventano pazzi.
Luigi Ghirri, Vasco Brondi, Lucio Dalla : ognuno a modo suo ci accompagna oltre quel confine e cerca di farci vedere le cose in modo diverso.
E’ stato bello incontrare per caso tutti questi personaggi, mentre cercavo qualcos’altro.
La condizione necessaria per fare in modo che questo avvenga è cercare sempre qualcosa di nuovo, altrimenti non potrai rischiare nessuna meraviglia.
Luigi Ghirri è morto nel 1992, Lucio Dalla lo ha raggiunto qualche anno dopo. Tutti e due per un improvviso cedimento del cuore.
Chissà se sono già arrivati a destinazione. Magari, travolti dalle loro insaziabili curiosità, avranno scoperto mille cose durante il cammino, parlando di quel tour americano e raccontandosi storie sulla loro Emilia di provincia.
Se la staranno sicuramente prendendo comoda.
Mi piace immaginarmeli ancora lì, a metà strada tra Ferrara e la luna…
Lascia un commento