Nel 1973 Oliviero Toscani pubblica questa foto per la campagna pubblicitaria dei jeans Jesus:

La Chiesa, dalle colonne dell’Osservatore Romano, grida allo scandalo; Pier Paolo Pasolini, dalla prima pagina del Corriere della Sera, riconosce alla campagna pubblicitaria di Toscani dei valori che vanno oltre la semplice provocazione.
Secondo Achille Bonito Oliva (uno dei più grandi critici d’arte italiani):
L’arte vuole comunicare.
L’artista si accorge che dopo un po’ il linguaggio si codifica, produce informazione ma non più comunicazione, non crea sorpresa e inciampo.
Perché l’arte a cosa serve se non a massaggiare il muscolo atrofizzato di una società sempre più sottoposta alla civiltà dell’immagine e dello spettacolo?
E tra le cose che Pasolini riconosce allo slogan dei jeans Jesus c’è proprio questo :
[…] cioè la possibilità imprevista di ideologizzare, e quindi rendere espressivo, il linguaggio dello slogan e quindi presumibilmente, quello dell’intero mondo tecnologico.Esso è qualcosa di più che una trovata spregiudicata (il cui modello è l’anglosassone “Cristo super-star”): al contrario, esso si presta a un’interpretazione, che non può essere che infinita: esso conserva quindi nello slogan i caratteri ideologici e estetici della espressività.
Il suo spirito è il nuovo spirito della seconda rivoluzione industriale e della conseguente mutazione dei valori.
Pier Paolo Pasolini dal Corriere della Sera del 17 maggio 1973
E le fotografie di Oliviero Toscani, da sempre, producono sorpresa e inciampo, su questo non c’è dubbio.
Chi guarda le sue foto percepisce il rischio che il fotografo ha preso nello sperimentare qualcosa di nuovo, non essendo sicuro nemmeno lui di quello che stava per fare.
Ma da dove arriva tutta questa capacità espressiva?
Cerchiamo di capirlo insieme analizzando alcuni dei suoi lavori principali e percorrendo le tappe più importanti della sua vita.
Ma procediamo con ordine.
Anzi no : andiamo in ordine sparso, come piacerebbe a lui.
Poi alla fine tutto acquisterà un senso.
Oliviero Toscani e United Colors of Benetton
E’ del 1984 la prima collaborazione di Oliviero Toscani con Benetton :




Dopo dieci anni dai jeans Jesus, Toscani produce ancora una forte scossa ai canoni del messaggio pubblicitario tradizionale.
Per la prima volta una campagna pubblicitaria focalizza il messaggio non solo sul prodotto (qui ancora presente) ma su una tematica sociale, quella del multiculturalismo.
Ma saranno le campagne successive a produrre lo strappo decisivo :




Il prodotto sparisce dalla pubblicità e resta solo il messaggio.
L’azienda condivide con lo spettatore una tematica sociale attraverso la campagna pubblicitaria.
Oliviero Toscani gli consegna dei valori con cui andare d’accordo , come se il brand fosse diventato un amico con cui discuti al bar delle cose che succedono nel mondo.
Toscani intuisce che il consumatore degli anni 80 è saturo di messaggi e vuole instaurare con la marca un rapporto diverso rispetto al passato.
E quel muscolo atrofizzato di cui parlava Bonito Oliva viene subito sottoposto ad un trattamento rigenerante, il pubblico si sveglia dal torpore e inizia a confrontarsi con questo nuovo tipo di linguaggio.
Come avviene di solito, la novità viene accolta come una forma di provocazione e molti credono che la forza delle campagne pubblicitarie di Oliviero Toscani per Benetton sia da ricercare nei temi affrontati, che coinvolgono tematiche sempre più attuali e delicate.
Oltre al razzismo le fotografie di Toscani parlano di AIDS, religione, intolleranza, in un format grafico che si ripete sempre uguale : uno sfondo neutro, quasi sempre bianco, in cui trovano posto immagini “forti”, metafore pungenti di quanto viene rappresentato.
Sono quindi due le caratteristiche vincenti della collaborazione tra Oliviero Toscani e Benetton :
- mostrare le tematiche a cui il marchio si dimostra sensibile anziché mostrare il prodotto;
- produrre fotografie così controverse da smuovere lo stato di indifferenza dilagante causato da un eccesso di informazioni visive.
Il suo lavoro si caratterizza sempre dalla forte presenza di un messaggio che è poi il fondamento della grande fotografia.
Con la campagna Benetton non era la prima volta che Oliviero Toscani si trovò a cambiare le regole del gioco nel mondo della comunicazione.
Lo aveva già fatto negli anni 70 portando gioiosa effervescenza nell’allora mondo ingessato delle agenzie di moda.
Anche lì, producendo una meravigliosa rivoluzione…
Oliviero Toscani : la moda e la factory di Andy Warhol
Oliviero Toscani inizia a fare fotografie a metà degli anni 60 e non si lascia sfuggire il fermento che caratterizza quel periodo.
E’ in prima fila al Vigorelli di Milano per fotografare i Beatles, vince diversi concorsi fotografici tra cui quello della Pan Am che gli permette di viaggiare in Europa e in America.
In quegli anni la moda era solenne, costruita in studio ; Oliviero Toscani porta per la prima volta in strada le modelle, le fa ridere e scherzare e stravolge quel Grande Circo ormai da tempo sempre uguale.




La moda inizia ad essere prodotta e raccontata da giovani come Toscani che, ancora giovanissimo, è uno dei fotografi più richiesti.
Lavora per i grandi marchi : Esprit, Valentino, Prenatal e per riviste come Elle, Vogue e Harper’s Bazar. Fondamentale e significativa la collaborazione con Fiorucci, con cui condivide una visione libera e gioiosa della moda.
All’inizio degli anni 70 va a vivere a New York e inizia una fase importante della sua vita. Vive al Chelsea Hotel che per anni è stata la casa di artisti del calibro di Bob Dylan, Patti Smyth, Robert Mapplethorpe e tanti altri, una delle ultime dimore bohémienne dello scorso secolo.
Fotografa migliaia di persone al Max’s Kansas City, un night club storico di New York frequentato da tutti gli artisti della controcultura americana di quegli anni.
Al Chelsea hotel incontra tanti personaggi legati al mondo di Andy Warhol : anche Oliviero Toscani inizierà ad essere un ospite della Factory diventando amico dello stesso Warhol.
Il fotografo e l’artista vanitoso, una coppia perfetta.




A New York frequenta e fotografa i più grandi personaggi della scena creativa ed è qui che incontra nel 1973 Maurizio Vitale, patron della Robe di Kappa, che comunica ad Oliviero di aver deciso di iniziare a produrre jeans.
Pare che sia un’idea di Toscani quella di chiamarli Jesus, ispirato da una locandina di Jesus Christ Superstar durante un giro a Broadway : il resto è storia, quella raccontata ad inizio articolo.




Oliviero Toscani fa posare Warhol per diverse campagne pubblicitarie, per la gioia dell’artista che amava essere al centro dell’attenzione.
Per una campagna Polaroid, Andy Warhol ricopre i panni del fotografo e dalla sua macchina fotografica compare il suo autoritratto.
Ok, un altro contenuto di Toscani , ma è arrivato il momento di iniziare a riconoscergli anche altre qualità…
Avete notato che nelle fotografie di Oliviero Toscani nulla è mai fuori posto? Probabilmente no, perché la costruzione dell’immagine è talmente curata da trasformarsi in leggerezza, in un messaggio che arriva con facilità allo spettatore.
Avreste mai detto che in tanta apparente sregolatezza c’è una rigorosa formazione accademica?
Ebbene sì, Oliviero Toscani è uno che ha studiato sul serio la fotografia e lo ha fatto in uno dei posti al mondo lontani anni luce dal Chelsea Hotel e dalla Factory di Andy Warhol : la Svizzera.
E adesso è arrivato davvero il momento di cominciare dall’inizio.
Oliviero Toscani : il grande giornalismo italiano e la Bauhaus
Ad Oliviero Toscani non piaceva andare a scuola. Preferiva passare le sue mattine al cinema piuttosto che in classe al cospetto di quegli insegnanti che non avevano niente da insegnargli, le notizie che leggevano sui loro quotidiani lui le conosceva già da qualche ora.
E già, perché il padre di Oliviero si chiamava Fedele Toscani ed era un reporter del Corriere della Sera e titolare di una piccola agenzia fotografica. E’ lui a riprendere Benito Mussolini e Claretta Petacci a Piazzale Loreto.




Il piccolo Oliviero segue spesso il padre in redazione e conosce Montanelli, Buzzati e molte altre grandi firme del giornalismo italiano.
Ma soprattutto, Oliviero accompagna il padre durante la realizzazione di molti servizi fotografici ed è lì che sarà colpito dalla passione per la fotografia.
Quando insieme al padre va a Predappio per documentare la tumulazione di Mussolini, il giovane Oliviero si sofferma sul dolore di una donna e lo fotografa.
Riguardando le foto scopriranno che si trattava della vedova Rachele Mussolini,e la foto finirà sul Corriere della Sera. Aveva solo 14 anni, praticamente la sua prima foto pubblicata.
Finito finalmente il liceo, Oliviero Toscani è determinato a fare il fotografo.
Ma il padre e la sorella, che con il marito gestisce un importante studio fotografico di Milano, lo convincono a non improvvisarsi ma a studiare in una grande scuola.
La migliore di quel momento è in Svizzera, la Kunstgewerbeschule di Zurigo.
Il preside dalla scuola è Johannes Itten, il padre della teoria del colore (il cerchio di Itten che abbiamo analizzato nel post sui colori complementari, porta il suo nome); Oliviero è allievo di Serge Stauffer, specialista di Marcel Duchamp e dei più importanti grafici del mondo. Nella scuola di Zurigo si respira Bauhaus , intesa come unione di arte, artigianato e tecnologia.
E’ con questo background culturale che Oliviero Toscani inizia a fotografare lo sregolato e folle mondo degli anni 60, portando quegli insegnamenti tecnici ad un’audacia espressiva che è da sempre sinonimo delle sue realizzazioni.
L’immagine come espressione di un fatto culturale, la fotografia di moda come espressione dell’estetica del momento. Tutto quello che farà negli anni successivi e che abbiamo già raccontato.
Ma adesso sappiamo da dove arriva.
Come capita spesso, per avvicinarsi alla perfezione formale è fondamentale conoscere ed interiorizzare le regole alla base del linguaggio visivo.
Lo stesso Henri Cartier-Bresson, pur dedicandosi ad una fotografia molto diversa da quella di Toscani, si formò da giovanissimo presso l’accademia di pittura di André Lhote in cui contrasse il virus della geometria. Tra gli esercizi a cui venivano sottoposti gli allievi c’era quello di sovrapporre schemi geometrici alle riproduzioni delle opere di grandi maestri.
L’ Oliviero Toscani “moderno”
A partire dagli anni 90, pur continuando a fare fotografie, Oliviero Toscani si fa promotore una serie di “iniziative culturali” (non trovo altra definizione che possa comprenderle tutte).
Nel 1990 durante la collaborazione con Benetton lancia la rivista Colors.
Distribuita nei negozi Benetton, diventa subito il riferimento per chi si occupa di grafica e pubblicità. Questa volta la rottura delle regole è rappresentata dall’assenza di notizie e, soprattutto, di personaggi famosi al suo interno. Una sfida enorme. Un successo mondiale.
Esce ogni 3 mesi in 40 paesi ed è tradotta in 4 lingue.
Lo slogan è : Una rivista che parla del resto del mondo, ed ogni numero parla di un singolo argomento di attualità.
Nel 1993 fonda Fabrica, un centro internazionale per le arti e la ricerca della comunicazione moderna di ispirazione rinascimentale, frequentato da giovani sotto i 25 anni.
Nel 2004 è la volta de La sterpaia, un collettivo di giovani designers, videomakers, scrittori e tanto altro; organizzato come un workshop, gli allievi imparano da tutor esperti della materia. L’ambiente multidisciplinare è in linea con lo spirito che animava la Bauhaus.
Da oltre dieci ha iniziato il progetto Razza Umana che lui definisce uno “studio socio-politico”. Gira il mondo fotografando le persone del luogo su uno sfondo bianco e poi espone le foto in luoghi pubblici.




Toglie qualsiasi virtuosismo fotografico per lasciare l’anima delle persone; come sempre vuole invitare ad una riflessione sull’uomo.
Anche nel nuovo millennio, Oliviero Toscani fa parlare di sé attraverso delle campagne pubblicitarie.
Forse una delle più discusse della sua carriera arriva proprio nel 2000 : per “La morte in faccia” vola negli Stati Uniti e fotografa i condannati nel braccio della morte.




Lo stato del Missouri fa causa a Toscani e Benetton accusandoli di aver ottenuto con l’inganno il permesso di fotografare 4 dei loro detenuti, in tutta l’America inizia un’operazione di boicottaggio nei confronti dei negozi Benetton.
C’è chi dice che questa reazione sia stata la causa della fine della collaborazione tra il fotografo e la casa di abbigliamento.
Per altri invece la decisione era già presa e Toscani avrebbe utilizzato la forza comunicativa di Benetton, che in tanti anni aveva contribuito a costruire, per un ultimo urlo al mondo contro la pena capitale.
Nel 2007, per il marchio di abbigliamento Nolita, Toscani presenta al mondo il problema dell’anoressia. Fotografa la modella Isabelle Caro che a 27 anni pesava 31 chili; il tutto durante la settimana della moda.




La campagna è un pugno nello stomaco nei confronti di un problema di cui la società parla e che tutti sentono lontano. Eccolo lì, il coraggio di mostrare una realtà.
Mi sarebbe piaciuto leggere gli articoli di Pier Paolo Pasolini contro la mediocrità moralista che ha attaccato queste due campagne pubblicitarie…
Conclusioni
Oliviero Toscani ha quasi ottant’anni, tre mogli e sei figli.
Non ha mai avuto uno studio di sua proprietà ed ha sempre lavorato come freelance; a dire il vero, odia il modo della pubblicità organizzata, quello fatto dai direttori creativi (anzi, pare nutra una particolare antipatia per questa professione…).
Quello che la sua incredibile vita ci racconta è che la fotografia deve essere espressione della propria cultura e deve contenere un punto di vista.
Le fotografie più interessanti sono sempre quelle in cui il fotografo ha osato più di quanto egli stesso avrebbe mai pensato di poter fare. Dice spesso durante le interviste che bisogna provare un certo senso di imbarazzo quando si fotografa, altrimenti la foto non è abbastanza buona…
Coraggio, espressione e libertà : forse le 3 parole che meglio descrivono questo grande fotografo italiano.
E tu, cosa ti porti a casa da quello che hai scoperto su Oliviero Toscani?
Io mi porto il piacere e l’onore di averlo conosciuto, di avergli aperto tante volte il cancello di Fabrica, di avergli caricato l’auto, non senza una profonda tristezza, quell’ultimo giorno che c’è stato.
Mi porto la simpatia e il suo essere alla mano, l’incredibile vita vissuta e la gran voglia di lavorare che ha ancora oggi alle soglie degli ottant’anni.
Lo vedo ancora col suo trolley salire sul taxi per andare a prendere l’aereo vuoi per Parigi, vuoi per New York o che. Naturalmente sempre per lavoro.
Mi porto la simpatia dell’intero suo staff, che saluto.
Signor Alberto buongiorno!
Grazie per il ricordo e spero di rivederla presto!
Oliviero toscani
Signor Toscani è un vero piacere scoprire che abbia letto l’articolo che ho scritto su di lei!
Spero le sia piaciuto