
Un tempo le fotografie di Luigi Ghirri, proprio non le capivo.
Eppure, al contrario di altre forme d’arte concettuale che allo stesso modo non capivo ma non mi comunicavano niente, nelle fotografie di Ghirri ho sempre percepito la presenza di un valore.
La curiosità di capire da dove arrivasse quel valore mi ha spinto ad approfondire questo autore, scoprendo un mondo magnifico e un modo di intendere la fotografia che tutti dovremmo conoscere. Per me è stato fonte di una grande ispirazione.
In questo articolo voglio condividere con te quello che ho imparato, conscio del fatto di rimanere solo sulla superficie di un discorso che potrebbe raggiungere profondità ben più grandi in cui, per adesso, non sono in grado di accompagnarti.
Però, il solo intuire il livello di quella profondità sarà utile per vedere la fotografia da una prospettiva nuova. Il vantaggio più grande che la scoperta di un autore come Ghirri può darti è proprio quello di capire che i confini della fotografia possono arrivare oltre quello che abbiamo sempre immaginato.
Una volta Lucio Dalla, suo grande amico, disse : “Guardando le foto di Luigi si ha l’impressione che il centro sia molto più in profondità rispetto al centro ottico”.
E mi sembra una perfetta descrizione.
La vita di Luigi Ghirri
Luigi Ghirri nasce a Scandiano in provincia di Reggio Emilia nel 1943.
Voglio riportare solo alcuni punti salienti della sua vita che credo sia opportuno conoscere prima di parlare delle sue fotografie.
Nel caso tu voglia approfondire tutte le fasi della vita di Luigi Ghirri puoi trovare in rete diverse dettagliate biografie .
Luigi Ghirri è di formazione autodidatta : abbandona a 31 anni la professione di geometra per dedicarsi a tempo pieno a quello che per lui fino a quel momento era soltanto una passione : la fotografia.
E lo fa in un modo del tutto personale.
Il suo obiettivo non era mai rappresentare la bellezza o la grandiosità di un luogo ma voleva raccontare come il luogo si relaziona con l’uomo. I luoghi che fotografa Ghirri, infatti, non sono mai belli o grandiosi.
I suoi primi lavori testimoniano questa tendenza : in “Colazione sull’erba” del 1972, vuole raccontare il rapporto che c’è tra natura e artificio, attraverso la rappresentazione di villette unifamiliari e giardini condominiali delle periferie.




Il libro “Km 0.250” è la rappresentazione in scala 1:10 dei manifesti pubblicitari che ricoprono il muro perimetrale dell’autodromo di Modena.
In “Atlante” Ghirri effettua un suo viaggio immaginario e simbolico in cui fa coincidere il reale e la sua rappresentazione convenzionale attraverso le foto di dettagli di un semplice atlante geografico.
La tendenza ad una fotografia speculativa deriva dagli interessi personali per la musica, l’architettura e lo studio della storia dell’arte a cui si aggiunge la frequentazione di artisti concettuali modenesi e l’attenzione verso il panorama dell’arte contemporanea.
Nel 1978 fonda insieme ad altri amici la casa editrice “Punto & virgola” per cui pubblicherà la sua prima raccolta “Kodachrome”, in cui mette insieme le fotografie dei primi 8 anni del suo lavoro.
Luigi Ghirri è ormai fotografo riconosciuto ed espone in diverse mostre collettive in giro per il mondo.
Sono da ricordare ancora la sua collaborazione in “Viaggio in Italia”, in cui una serie di fotografi italiani e stranieri creano una specie di atlante della penisola.
Un altro interesse di Luigi Ghirri è rappresentato dalla fotografia di architettura, in particolar modo importante sarà la collaborazione con Aldo Rossi.
Importanti infine anche le collaborazioni in ambito musicale con Luca Carboni, CCCP, Gianni Morandi, Ron e Lucio Dalla.
A quest’ultimo sarà legato da grande amicizia e lo seguirà nella tournée americana del 1986.
Luigi Ghirri muore all’improvviso nel 1992 nella sua casa di Roncocesi a soli 49 anni.
L’utilizzo della tecnica secondo Luigi Ghirri
Tra le innumerevoli pubblicazioni di Luigi Ghirri trovo molto interessante il libro Lezioni di Fotografia che raccoglie la trascrizione delle lezioni da lui tenute all’Università del Progetto di Reggio Emilia tra il 1989 e il 1990.
Gran parte delle considerazioni di questo articolo derivano da quel libro.
Mi sembrava utile partire dalle osservazioni fatte da Luigi Ghirri sull’utilizzo della tecnica, perché necessarie a scardinare la tendenza molto moderna a dipendere dalla propria attrezzatura.
Se non si comprende da subito che il vero contenuto di una fotografia risiede in aspetti diversi da quelli tecnici si farà fatica a comprendere autori come Ghirri e non si avranno margini di miglioramento nel proprio modo di fotografare. Non bisogna mai dimenticare che la fotografia è un linguaggio e giganti come Luigi Ghirri sono lì a ricordarcelo.
Luigi Ghirri osserva che nelle riviste di fotografia c’è lo stesso rapporto con la fotografia di quello che c’è nei confronti della musica nelle riviste che parlano di Hi-Fi. Non si parla della musica o di come realizzarla ma solo degli strumenti per ascoltarla.
Allo stesso modo nelle riviste di fotografia si parla delle caratteristiche delle macchine fotografiche e poco di rappresentazione, di immagine e di vera fotografia.
E Ghirri ebbe la fortuna di non poter leggere i forum di fotografia di cui è cosparso oggi il web, luoghi in cui ci si misura in termini di megapixel, prestazioni delle ottiche e in cui si apprezzano fotografie ultraelaborate in post produzione che sarebbero da denuncia…




Ma torniamo a quello che consigliava Luigi Ghirri ai propri allievi.
Fondamentale è iniziare a scattare in manuale : gli automatismi utilizzati fin dall’inizio non permettono di comprendere la modalità di costruzione di un’immagine. Utilizzando il modo automatico la fotografia viene decisa dalla macchina fotografica e non dall’autore.
Si possono iniziare ad utilizzare gli automatismi, comunque utili, solo dopo aver compreso la gamma di possibilità di rappresentazione che la nostra macchina ci mette a disposizione.
Una delle prime macchine utlizzate da Luigi Ghirri aveva i diaframmi ma non ancora l’esposimetro. Dietro il dorso c’era uno schema in cui era disegnata la corrispondenza tra diaframmi e illuminazione. Lì ha imparato a dare attenzione alla luce, a darle una valenza.
La pratica deve portare a rendere automatiche in noi una serie di operazioni, che all’inizio sembrano complicatissime, che ci consentiranno di esprimere un nostro valore estetico.
E ognuno avrà il proprio repertorio : Henri Cartier-Bresson, in funzione della sua poetica fotografica basata sull’istante decisivo, aveva messo a punto un corredo tecnico e di gesti che avevano l’obiettivo della velocità d’esecuzione, con macchina reflex 35 mm a telemetro (rigorosamente Leica) regolata con distanza iperfocale.
(Se non sai cos’è, in questo articolo c’è un paragrafo in cui parlo della distanza iperfocale).
Semplifica l’attrezzatura
Per allenarsi fin da subito a porre attenzione all’immagine, Ghirri consiglia una semplificazione dell’attrezzatura : partire con quello che si ha a disposizione.
Il suo è quasi un procedimento inverso di apprendimento : invece di studiare approfonditamente la tecnica e regolare la macchina fotografica in funzione di quello che ci si aspetta, Ghirri immagina di inquadrare la scena da diverse angolazioni e fare diversi scatti.
Poi, riguardando le fotografie, dobbiamo riconoscere quelle che corrispondono alla nostra sensibilità, selezionare le immagini migliori in funzione del nostro senso estetico.
E da lì, osserviamo i parametri utilizzati , il tempo , il diaframma, l’inquadratura… Questo è l’approccio di chi inizia a ragionare in termini di rappresentazione. Dedurre come utilizzare la macchina fotografica in base ai parametri utilizzati; non è ammesso dire che una foto non è venuta bene a causa dell’attrezzatura.
Seguire rigidamente delle regole della tecnica rende professionisti, ma le immagine prodotte saranno tutte uguali.
Ad esempio, un’immagine con sbilanciamenti di luce potrebbe sembrare avere difetti tecnici e quindi potrebbe non seguire “le regole”. E’ però vero che se in un’inquadratura esiste una zona in cui la luce è talmente forte da esplodere e un’altra in cui ci sono ombre, lo sguardo tenderà ad indagare di più la zona delle ombre.
Più che come errore questo può essere utilizzato in modo intenzionale : conoscere questo tipo di strumenti di lettura dell’immagine è fondamentale per un fotografo.
L’obiettivo di Luigi Ghirri nei confronti dei suoi allievi era di arrivare a indagare in modo libero tutte le possibilità di una immagine fotografica.
Ho già analizzato questo tipo di approccio nell’ articolo “Un corso di fotografia al contrario : dalla pratica alla teoria”, in cui descrivo un metodo per avvicinarsi alla fotografia molto simile a quello di Ghirri.
E’ importante sottolineare che le macchine digitali facilitano questo tipo di metodologia perché danno la possibilità di scattare praticamente gratis un numero infinito di foto e di riguardare subito i risultati.
Non ho mai amato particolarmente il vizio del chimping, cioè il riguardare ossessivamente sul display ogni scatto appena realizzato. Ma devo dire che per entrare in intimità con la propria macchina fotografica è una possibilità davvero preziosa
Luigi Ghirri e il significato di fotografia
Per Ghirri la contemporaneità di un linguaggio espressivo, come può essere la fotografia, si rivela nel capire quali sono i rapporti con altre forme artistiche e altri tipi di linguaggio. Oggi l’inventario di immagini a nostra disposizione è infinitamente più ampio di quello a disposizione di un uomo vissuto 500 anni fa.
Di conseguenza produciamo molte relazioni tra tutte le immagini che vediamo.
Il rapporto numerico che cita Ghirri per dare una misura di questo è :
Credo che cinquecento anni fa una persona normale vedesse nella sua vita cinquecento immagini, cioè aveva un rapporto con cinquecento immagini. Noi, oggi, nell’arco di una sola giornata vediamo cinquecento immagini, se non di più.
Secondo Luigi Ghirri oggi ci muoviamo all’interno di un disastro visivo colossale dove il gran numero di immagini percepite è spesso in contrasto tra loro.
Come lui stesso dichiara nell’introduzione di Kodachrome :
C’è un’anestesia dello sguardo dovuta ad un eccesso di descrizione.
Ma a volte è possibile scorgere un’unificazione del tutto la cui rappresentazione deve portare un argomento di riflessione all’interno di tutta questa complessità visiva.




Secondo Ghirri, strumenti di diffusione delle immagini come la televisione e il cinema hanno accelerato la fruizione dell’immagine. Queste considerazioni sono fatte all’inizio degli anni 90 del secolo scorso, non consideravano ancora la valanga di immagini che da lì a poco la diffusione del web avrebbe portato.
Il grande ruolo che ha la fotografia è quello di rallentare la velocizzazione dei processi di lettura dell’immagine. Poiché si tratta di un immagine fissa, consente approfondimento e contemplazione.
Il web è pieno di fotografie ma sono inserite spesso in un contesto di luoghi da scorrere, come il feed di Instagram o Facebook. Spesso, in questi luoghi virtuali, la velocità di visualizzazione è superiore a quella della televisione o del cinema.
La lettura lenta della fotografia di cui parla Luigi Ghirri è quella che si riferisce a mostre o lettura di libri. Ma bada bene, è pur sempre una tua scelta : nessuno ti impedisce di soffermarti a guardare e a meditare su una bella foto che ti appare su un social network.
Al contrario non puoi controllare la velocità narrativa di un film o di quello che accade in televisione.
Luigi Ghirri e l’importanza del luogo
Alla base dell’attenzione di Ghirri per i paesaggi c’è la constatazione che la maggior parte del nostro panorama visivo è costituito da facce. Si vedono facce ovunque : in televisione, al cinema, nelle pubblicità.
E in nessuna di queste rappresentazioni è affrontato il tema del rapporto di queste facce con i luoghi in cui esse vivono.
La scelta di Luigi Ghirri di concentrarsi nella rappresentazione dei luoghi va proprio nella direzione di recuperare la disaffezione dell’uomo nei confronti del suo ambiente.
Di certo questa mancanza di attenzione alla rappresentazione dell’ambiente non è la causa dei disastri ambientali, ma è sicuramente sintomo degli atteggiamenti di indifferenza che li hanno provocati.
Il recupero della rappresentazione visiva dei luoghi può avere un grande valore culturale e magari più efficacia di altre iniziative ecologiche più dirette allo scopo.
E’ un approccio sicuramente diverso rispetto a quello di altri fotografi che hanno cercato di ricondurre l’attenzione sull’ambiente attraverso la celebrazione della bellezza e della grandezza dei grandi luoghi da salvare, un nome su tutti quello di Sebastiao Salgado.
Due modi diversi che testimoniano come la grande fotografia possa esprimersi in maniere diverse anche se persegue, in fin dei conti, uno stesso scopo.
Luigi Ghirri e il concetto di soglia
Come spiega lo stesso Ghirri nelle sue lezioni di fotografia, durante il procedimento creativo è molto importante lavorare sul concetto di Soglia.
La soglia è da intendere come quel luogo in cui avviene il passaggio tra quello che pensiamo (il nostro interno) e l’osservazione del mondo (l’esterno).
In fotografia, Ghirri identifica questo punto di equilibrio con l’inquadratura.
Nella realtà esistono già inquadrature naturali, fotografie incorniciate da soglie già esistenti che guidano e orientano il nostro sguardo.
Sono in genere rappresentate da cose molto semplici, come un cancello.




Ecco un commento dello stesso Luigi Ghirri a questa foto, tratto da Lezioni di fotografia :
Ci sono le colonne che segnano dei limiti, dei segni, dei traguardi, dei confini entro cui lo spazio si rappresenta. E non sono molto diverse dal mirino della macchina fotografica. Sono la soglia di qualcosa, la soglia per andare verso qualcosa.
La ricerca della soglia però non deve trasformarsi in una ricerca di cancelli, finestre e porte da fotografare. Vista in maniera più estesa deve essere un modo per attivare lo sguardo e scoprire cose che prima non si vedevano, attivare un’attenzione diversa.




Questo punto di vista di Luigi Ghirri è molto interessante. Se ci pensi, le tecniche di composizione più note hanno come obiettivo quello di guidare il nostro sguardo e la nostra attenzione.
Nel caso del concetto di soglia, il compito di guidare la nostra attenzione è demandato a qualcosa di più concettuale e meno fisico, è qualcosa che viene suggerito dal nostro interno. Da qui la profondità delle sue opere e forse quel senso di inclusività e appartenenza che emanano.
Una delle intenzioni più grandi di Ghirri è stata da sempre riportare l’attenzione su oggetti o luoghi ormai desueti all’immaginario comune, per distruggere in qualche modo l’immaginario visuale della cultura di massa.
Luigi Ghirri e i viaggi domenicali minimi
Luigi Ghirri,quando viaggiava, faceva due tipi di fotografie: quelle che fanno tutti, che lo interessavano poco o niente, e quelle “sue”, a cui teneva veramente.
I soggetti delle foto “sue” erano quelli che era abituato a vedere tutti i giorni e che di solito vengono guardati in maniera passiva.
Ma una volta portati all’attenzione di una fotografia e quindi isolati dal contesto, si ha la possibilità di guardarli in maniera più critica.
Solo nei soggetti che si conoscono meglio è possibile individuare una sorta di interiorità per riportarli ad una dimensione intima e sentimentale.
Per questo gli interessavano soprattutto il paesaggio urbano e la periferia, perché rappresentavano la realtà che vedeva quotidianamente, che conosceva meglio e che quindi poteva riproporre meglio come “nuovo paesaggio”.
Un paesaggio interiore che attinge alla memoria, all’infanzia; un racconto del viaggio personale dentro alle cose.
Per questi motivi gli piacevano quelli che lui definiva i viaggi domenicali minimi, quelli fatti nel raggio di tre chilometri da casa sua.
Alla luce di questo è possibile capire i soggetti di lavori come Colazione sull’erba, viaggio in Italia e tutta l’attenzione rivolta in generale verso il paesaggio delle periferie.
Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi
Marcel Proust
L’alpe di Siusi
Questa foto del 1979 fa parte della raccolta pubblicata nel 1982 “Topografia – Iconografia”:




Scattata in Alto Adige, ci porta all’interno del mondo della memoria, del ricordo.
Due turisti, un uomo e una donna, si tengono per mano mentre attraversano un paesaggio delle Dolomiti. Danno le spalle all’osservatore e stanno camminando.
Il senso della fotografia è nella relazione tra l’uomo e il paesaggio e questa relazione è solo apparentemente spaziale ma è legata alla memoria.
Il paesaggio ha sempre la forma di un attimo e in questo attimo avviene la riduzione della complessità del sentire.
Quante volte abbiamo già visto una scena del genere (ricordo) : l’uomo, la natura, uno spazio sconfinato, e il viaggio inteso nella sua accezione turistica e non in quella mitica.
Come se il tutto fosse l’iconografia di uno spazio interiore, la foto ricordo di un ricordo.
Lo sguardo da subito si avventura in un luogo che risulta familiare ma che diventa poi sconosciuto; un punto di vista del mondo esterno che allo stesso tempo nasconde una visione su un mondo più interiore.
Nel loro essere di spalle i personaggi della foto diventano essi stessi elementi del paesaggio, oggetti da guardare, potremmo addirittura sostituirci a loro e diventare gli spettatori del paesaggio. Il gioco tra il dentro e il fuori che ritorna.
Gli argomenti sono infiniti : Luigi Ghirri e la musica leggera
Ho accennato alla collaborazione di Luigi Ghirri con molti musicisti nella produzione delle immagini per le copertine dei loro dischi.
Immaginatevi un personaggio dello spessore di Ghirri ad avere a che fare con la committenza delle case discografiche, ci saranno stati sicuramente momenti di incomprensione.
Luigi Ghirri e Luca Carboni
Per la copertina di Persone Silenziose di Luca Carboni in cui la RCA voleva assolutamente in copertina la faccia di Luca Carboni, perché un sex symbol per le ragazzine. Questa cosa avrebbe fatto vendere più dischi.
Ma a quanto pare Carboni e Ghirri vinsero quella battaglia e in copertina ci finirono i ritagli dei disegni a cui il cantante teneva tanto.




Luigi Ghirri e i CCCP
Tra i mesi di aprile e giugno del 1990 i CCCP registrarono il loro ultimo album “Epica, Etica, Etnica, Pathos” prima di sciogliersi per diventare C.S.I. – Consorzio Suonatori Indipendenti.
La fotografia della copertina dell’album è di Luigi Ghirri.




Come sottolineato in una nota di copertina, i CCCP volevano fermare nel disco “Tutto lo sporco degli anni ’90 con la tecnologia degli anni ’70”.
E per raggiungere lo sono decidono di registrare il disco non in un’asettica sala di incisione ma in un posto magico. Scelgono un’antica villa padronale settecentesca, Villa Pirondini, a Rio Saliceto in provincia di Reggio Emilia.
L’ambiente è carico delle storie di tutte le vite che sono passate in quell’abitazione e Luigi Ghirri riesce ad immortalare con intimità quell’atmosfera, come se fosse vissuto lì da sempre.
Luigi Ghirri e Lucio Dalla
Prima di iniziare a documentarmi su Ghirri per scrivere questo articolo non conoscevo l’amicizia che lo legava a Lucio Dalla e le loro collaborazioni.
Ognuno di noi ha un cantautore di riferimento nella propria vita. Quello con cui sei cresciuto, che è stato la colonna sonora delle tue vacanze, che ascoltavi e riascoltavi senza fermarti mai.
Il mio cantautore di riferimento è stato Lucio Dalla.
Allora mi sono detto : “Vuoi vedere che in casa ho qualche opera di Ghirri e non lo sapevo?”.
In effetti, andando a cercare tra i vinili che ho recuperato da casa dei miei, ne trovo uno con la copertina di Luigi Ghirri.




Sulla copertina c’è Lucio Dalla giovane, con la madre e la cugina, in un locale di Manfredonia, quindi nella mia provincia.
E sulla copertina c’è la dedica di mia madre, un regalo per il mio tredicesimo compleanno, con il mese scritto in numeri romani (che classe la mamma…).
Lucio Dalla in quella foto aveva dieci anni, praticamente in quel momento eravamo virtualmente coetanei. E poi scopro che la cugina si chiama Silvana, come mia madre.
Un cortocircuito di cose.
Mi sa che metto su un disco…
Conclusioni
Se dalla lettura di questo articolo avrai percepito lo spessore di Luigi Ghirri come fotografo e l’importanza della sua opera, allora ho raggiunto il mio scopo.
Ma vediamo in breve quello che ci portiamo a casa :
- la tecnica è importante nella misura in cui ci rende consapevoli delle possibilità di realizzazione della nostra immagine;
- la fotografia deve servire come occasione di approfondimento sui modi di lettura delle immagini, sempre più veloci e superficiali;
- ridare importanza ai luoghi, intesi come l’ambiente in cui viviamo, attraverso la rappresentazione fotografica per recuperare il rapporto perso che dovremmo avere con loro;
- il concetto di soglia come punto di contatto all’interno di una fotografia tra il nostro interno e l’esterno del mondo rappresentato;
- occuparsi di qualsiasi argomento, conservando la profondità della rappresentazione e la coerenza del significato.
E a te, cosa ha insegnato la conoscenza di questo grande autore?
Mi ha fatto capire la vita sospesa di un certo periodo storico