
Era un po’ che volevo scrivere un post su Settimio Benedusi.
Perché mi piace come parla di fotografia e poi perché durante la sua carriera non ha mai smesso di reinventarsi.
Mentre cercavo informazioni su di lui, ho trovato un’intervista al termine della quale Benedusi cita un video di David Bowie che per lui è diventato un mantra : Never play to the gallery.
Nel breve video il Duca Bianco afferma che un artista deve sempre realizzare le sue opere facendosi guidare dalla propria soddisfazione e mai da quella della sua audience : mai creare per compiacere il tuo pubblico.
Gli artisti producono i loro prodotti peggiori quando soddisfano le aspettative degli altri.
David Bowie
Non conoscevo questo pensiero di Bowie ma mi ha molto colpito perché il suo significato assomiglia a quella che da sempre è una delle mie citazioni letterarie preferite.
Dovessi mai capitare a casa mia e sbirciare nella libreria del mio salotto, troveresti una copia consumata dalle letture de “I Sotterranei” di Jack Kerouac e, nell’introduzione, un solco fatto a matita che sottolinea una frase dell’autore :
Prima soddisfa te stesso, e poi al lettore non mancherà lo choc telepatico e la corrispondenza significante perché nella tua e nella sua mente operando le stesse leggi psicologiche
Jack Kerouac
La convergenza dei significati di questi due punti di riferimento ha accresciuto la mia curiosità per questo grande fotografo italiano.
Ma cosa ha fatto Settimio Benedusi nella sua carriera per poter dire di aver onorato le cose dette da Bowie e Kerouac?
Scopriamolo insieme in questo articolo.
Mettiti comodo e cominciamo.
Settimio Benedusi : la vita e il punto di vista
Settimio Benedusi nasce in provincia, sotto il segno dei gemelli.
Passa la gioventù cazzeggiando in maniera irresponsabile e vuota, approfittando in tutte le maniere del boom economico degli anni 60, che gli fa fare un’agevole vita, pur non facendo nulla per meritarlo.
Si trascina per le varie scuole, cercando di ottenere risultati da sopravvivenza, con il minimo sforzo. Leggiucchia un po’ qui e un po’ lì, facendosi una vaga infarinatura di tutto, senza mai veramente approfondire nulla.
Gli viene regalata una macchina fotografica, tramite la quale pensa di rendere le sue giornate adolescenziali meno noiose: cosa che succede.
Anzi no…
Settimio Benedusi nasce di fronte al mare, sotto il segno dei gemelli.
La curiosità è uno dei suoi primi ricordi, che soddisfa andando al cinema (il cineforum con dibattito!), leggendo (Steinbeck, Andrea Pazienza, Calvino…) e ascoltando musica (De Andrè!) come un pazzo.
Frequenta il liceo classico, avendo come compagno di banco un genio folle, Claudio, che ora fa l’insegnante di matematica all’università.
Grazie a suo papà, verso i dodici anni viene stregato dalla fotografia: da quel momento non penserà ad altro, leggendo e guardando tutto ciò che la riguarda.
Quale delle due versioni è vera? Pare lo siano tutte e due.
Sono queste infatti le due biografie che puoi trovare sul blog di Settimio Benedusi.
Aperto nel 2003, quando ancora nessuno apriva un blog, è la prima testimonianza di come l’utilizzo i nuovi mezzi espressivi abbiano sempre rappresentato una sfida per lui.

Alla ricerca del valore della fotografia
Quello che a Settimio Benedusi piace fare di più è cercare di trasmettere il valore della Fotografia.
Le parole con cui chiude il suo Ted Talk di Verona sono queste:
“La fotografia ha un grandissimo valore quindi per favore non usatela per fotografare gattini, pizze e tramonti”.
Quando la platea di chi poteva realizzare fotografie era più ristretta, un messaggio di questo tipo non avrebbe avuto senso.
Prima dell’avvento del digitale a buon mercato e quindi degli smartphone, chi possedeva una macchina fotografica sceglieva con più cura i suoi soggetti.
Un po’ perché fotografare non era gratis e un po’ perché possedere una macchina fotografica era una scelta e non un fatto accidentale. Il problema di oggi è che tutti ne abbiamo una, accidentalmente, sempre in tasca.
E allora capitava addirittura di svalutare i soggetti troppo frequentati.
Guarda cosa scrive Susan Sontag negli anni 80 nel suo libro fondamentale che è “Sulla fotografia” :
Le fotografie creano il bello e – dopo alcune generazioni di fotografi – lo consumano. Certe meraviglie della natura, per esempio, sono state praticamente abbandonate dalle infaticabili attenzioni dei fanatici della macchina fotografica. Sazi di immagini, rischiano di trovare stucchevoli i tramonti : disgraziatamente assomigliano troppo a fotografie.
Susan Sontag – Sulla fotografia
Nell’esortazione di Benedusi a non fotografare gattini e pizze c’è la volontà di godere dei vantaggi del digitale (che lui utilizza fin dagli inizi) ma cercando di non confondere la facilità dell’utilizzo con una costrizione allo scatto facile.
Lasciamo che i tramonti tornino ad essere stucchevoli e cerchiamo soddisfazione nella fotografia.
Ma la platea a cui si rivolge la Sontag, come già detto, è diversa da quella attuale.
Le intenzioni e gli atteggiamenti del moderno fotografo della domenica sono stati mirabilmente descritte da una persona che poco aveva a che fare con la fotografia ma che era un grandissimo scrittore : Italo Calvino.
Ti riporto due estratti dal suo racconto “L’ avventura di un fotografo” :
Con la primavera, a centinaia di migliaia, i cittadini escono la domenica con l’astuccio a tracolla. E si fotografano. […] solo quando hanno le foto sotto gli occhi sembrano prendere tangibile possesso della giornata trascorsa, solo allora quel torrente alpino, quella mossa del bambino col secchiello, quel riflesso di sole sulle gambe della moglie acquistano l’irrevocabilità di ciò che è stato e non può esser più messo in dubbio. Il resto anneghi pure nell’ombra insicura del ricordo.
[…] Il passo tra la realtà che viene fotografata in quanto ci appare bella e la realtà che ci appare bella in quanto è stata fotografata, è brevissimo.[…] Basta che cominciate a dire di qualcosa: “Ah che bello, bisognerebbe proprio fotografarlo!” e già siete sul terreno di chi pensa che tutto ciò che non è fotografato è perduto, che è come se non fosse esistito, e che quindi per vivere veramente bisogna fotografare quanto più si può, e per fotografare quanto più si può bisogna: o vivere in modo quanto più fotografabile possibile, oppure considerare fotografabile ogni momento della propria vita. La prima via porta alla stupidità, la seconda alla pazzia. Italo Calvino – L’ avventura di un fotografo
Non male vero?
Non facciamo nulla di particolare per rendere la nostra vita più fotografabile (sarebbe una cosa stupida, ma almeno porterebbe a una qualche forma di miglioramento).
Viviamo invece nella folle convinzione che ogni momento della nostra vita sia fotografabile, e così fotografiamo anche le cose più insignificanti : figuriamoci se ci lasciamo scappare un tramonto!
Perché? Semplicemente perché farlo è diventato facile, immediato ed economico : perché non solleticare la nostra vanità quando è tutto così a portata di mano?
L’atteggiamento di chi fotografa qualcosa solo perché lo trova talmente bello che “bisognerebbe proprio fotografarlo” è l’atteggiamento dell’amatore che non ha capito il vero valore della fotografia.
Quando allora si dovrebbe fotografare?
Semplice : quando si ha qualcosa da dire.
Settimio Benedusi questo lo ha capito una volta, all’improvviso, quando era molto giovane.
E da quel momento questa convinzione non lo ha più abbandonato.
Quando Settimio Benedusi ha capito che serve un messaggio
C’è un episodio della vita di Settimio Benedusi che non viene raccontato in nessuna delle sue biografie.
Un giorno, quando era ancora un ragazzo, stava facendo fotografie al molo di Porto San Maurizio di Imperia.

Era la sua città e la conosceva bene e come accade spesso a quell’età era pronto a farsi stregare da qualcosa che vedeva per la prima volta, nell’età in cui l’inventario dello sguardo è ancora povero di immagini.
Quel giorno non fu una cosa vista per la prima volta a catturare l’attenzione del giovane Settimio, ma un pensiero.
Uno di quei pensieri che arrivano all’improvviso e che in retrospettiva guadagnano l’aspetto di una rivelazione.
Queste intuizioni non si hanno per fortuna o per talento; sono fatte di tutti i libri che hai letto, i film che hai visto, le fotografie che hai guardato nella tua vita.
Ad un certo punto, tutto converge insieme alla formulazione di un singolo pensiero.
E quel giorno, al molo di Porto San Maurizio, tutte le suggestioni trovate nei libri di Steinbeck, nei fumetti di Pazienza e nelle canzoni di De Andrè collaborarono a far nascere nella testa del giovane Settimio Benedusi un pensiero : “la fotografia deve contenere un messaggio”.
Semplice e potente : non si trattava più solo di immortalare cose belle ma, al pari di uno scrittore che utilizza le parole per raccontare, bisognava utilizzare il linguaggio della fotografia per trasmettere un messaggio.
E’ tutto lì il trucco : capire che la fotografia è un linguaggio e non cadere nell’inganno dell’estetica fine a se stessa.
Un semplice pensiero e le cose iniziano a distendersi su un piano logico che non lascia spazio all’errore.
Settimio Benedusi : il professionismo e la crisi della carta stampata
Passano anni dall’intuizione al molo di Imperia e Settimio Benedusi diventa un fotografo professionista.
Cosa significa essere un fotografo professionista?
Null’altro che campare con le fotografie che si fanno. Il professionismo non riguarda l’attrezzatura che si possiede o il numero delle fotografie realizzate.
Dipende solo dal fatto che hai delle responsabilità nei confronti del tuo committente e che tutto quello che possiedi lo hai potuto acquistare grazie alle fotografie che hai scattato.
Durante la sua collaborazione con Sports Illustrated, Benedusi fotografa modelle bellissime in posti esotici : è il prototipo del fotografo di successo, con uno studio a Milano e viaggi pagati in prima classe.


Con il diffondersi della fotografia digitale e di internet il mondo dell’editoria entra in crisi.
Quel mondo, che fino a quel momento aveva dato modo a Settimio Benedusi di campare in modo più che decoroso, non esisteva quasi più o quantomeno ne usciva molto ridimensionato.
Benedusi, come del resto tutti i suoi colleghi fotografi, rischiavano di non riuscire più a vivere con le loro fotografie.
Tutta quella iperproduzione di fotografie a buon mercato e il ridimensionamento della carta stampata avevano cambiato le regole del gioco.
O meglio, se si voleva restare in quel tipo di gioco, le condizioni per i fotografi sarebbero state meno favorevoli di un tempo.
Era come se la fotografia avesse perduto il valore che aveva prima.
Ma era davvero così?
Dimostrare il valore della fotografia
Il valore della fotografia per un fotografo professionista è direttamente proporzionale ai soldi che riesce a guadagnare. Con quei soldi, ognuno acquista le cose di cui ha bisogno.
Per dimostrare se la fotografia avesse ancora un valore a seguito della svalutazione portata dal digitale, Settimio Benedusi pensò ad una cosa molto semplice : provare ad utilizzarla come materia di scambio.
E così, il 15 aprile del 2016, partì.
Decise di andare a piedi da Imperia a Milano senza un soldo e riuscire a mangiare e dormire offrendo in cambio le sue fotografie.
Un’idea semplice e folle allo stesso tempo.
Diciamo la verità : Settimio Benedusi non sarebbe mai morto di fame ma fin da subito condivise sui social la sua avventura in modo che ne fosse certificato il successo oppure, nel caso peggiore, il fallimento.
La posta in gioco era la dimostrazione del valore della fotografia.
Immagino quanto nervosismo dopo il primo rifiuto ricevuto ad Alassio, prima tappa della camminata.
Ma era solo il primo tentativo e non si poteva dare per vinto.


La faccia del primo albergatore che decise di ospitarlo lascia trapelare qualche perplessità ma una prima, importante cosa era stata dimostrata : non era impossibile riuscire nell’impresa.
Ma era solo il primo passo…
Nei giorni successivi, sull’onda dell’entusiasmo e consapevole di essere un bravo fotografo, Settimio Benedusi non si accontenterà di dormire in piccoli alberghi e di bere e mangiare “tanto per sopravvivere”. Verrà ospitato anche in alberghi a 4 stelle e godrà di ottimi pranzi e cene.
L’incedere lento della camminata gli diede la possibilità di vedere cose che in quel tragitto fatto tante volte in macchina non aveva mai potuto apprezzare.
Incontra tante persone meravigliose con cui mette in pratica quel rapporto di scambio che sempre deve essere presente quando si fa fotografia. Non solo quando baratti mangiare e dormire in modo esplicito, ma anche quando più semplicemente fai il ritratto di una persona.
In un bar di Sassello, in provincia di Savona, Settimio Benedusi trova ristoro in un buon gelato. Ascoltata la storia dell’impresa in corso, il proprietario gli dice di avere anche un bed and breakfast e gli offre ospitalità per la notte.
Benedusi scopre che i due anziani genitori del gestore del bar, sposati da 60 anni, vivono lì . Quale migliore occasione per contraccambiare l’ospitalità con un loro ritratto.


Se vuoi leggere in dettaglio tutta l’avventura ti lascio il link all’articolo sul blog di Benedusi .
Alla fine, dopo 2 settimane e 268 km, la prova era stata superata e la dimostrazione conclusa : la fotografia ha ancora un valore!
Non c’era quindi bisogno di inventarsi un altro mestiere…
Quando Settimio Benedusi ha detto grazie con la fotografia
Una volta Settimio Benedusi è quasi morto.
Nei primi mesi del 2018 avrebbe dovuto partecipare al Mia, un importante festival sulla fotografia di Milano e in quell’occasione tenere un talk assieme ad Oliviero Toscani.
Sempre al Mia, i due avrebbero parlato dell’enciclopedia sulla fotografia che Toscani aveva preparato per il Corriere della Sera e a cui lo stesso Benedusi aveva collaborato.
Ma le cose non andarono così…
Se ti chiedessi di scegliere tra il parlare ad una mostra di fotografia assieme ad Oliviero Toscani e un ricovero in rianimazione, cosa sceglieresti?
Ammettendo che tu ne sappia abbastanza di fotografia (altrimenti il confronto con Toscani sull’argomento potrebbe rivelarsi più rischioso della seconda alternativa…) immagino sceglieresti di partecipare alla mostra fotografica.
Fu il destino a scegliere per Settimio Benedusi la sala rianimazione : eppure quella tragica esperienza ha rappresentato qualcosa di importante per lui.
Ha conosciuto il mondo degli ospedali, in cui semplici lavoratori con i loro semplici mestieri possono trovarsi nella condizione straordinaria di salvare la vita alle persone.
Una realtà che non conosceva.
E cosa viene naturale fare nei confronti delle persone che ti hanno appena salvato la vita?
Dire grazie.
E la gratitudine che senti il bisogno di esprimere quando qualcuno ti salva la vita è la più forte che si possa immaginare.
Ma per dire un grazie così grande è chiaro che bisogna utilizzare il linguaggio che ci è più congeniale e Settimio Benedusi scelse quello della fotografia.
Un poeta avrebbe trovato le parole, altri avrebbero scelto un abbraccio : Benedusi non poteva far altro che fotografare.
Dal suo letto di ospedale, semplicemente utilizzando il suo Iphone, con una semplice app per organizzare le fotografie, Settimio Benedusi ha detto il suo grazie a tutte le persone dell’ospedale di Imperia.


Una serie di ritratti inviati via mail ad una tipografia e poi stampati in formato 70 x 100.
Niente paranoie tecniche, il suo telefono e delle semplici stampe : il messaggio puro è il contenuto di queste fotografie.

Quando trovi nella fotografia la voce per esprimere la massima forma di gratitudine allora vuol dire che la fotografia è davvero parte della tua vita.
Anche questo è essere fotografi.
Quella mostra improvvisata all’ospedale di Imperia ha un valore enorme perché dietro aveva un motivo grande come una casa : sono state per Benedusi le fotografie più importanti della sua vita.
Guardando indietro, è stato più significativo per lui finire in rianimazione e fare quegli scatti che andare al Mia a parlare di fotografia.
La semplicità di una riscoperta
La crisi della carta stampata fu l’occasione per mettere in discussione quello che fino ad allora aveva fatto.
Ma ci fu un altro aspetto, più personale, che contemporaneamente stava facendosi strada in Benedusi.
Quel mondo fatto di top model, parrucchieri, truccatori e tecnici, con tutta la sua finzione aveva iniziato a stancarlo.
Si trattava di una semplice volontà di cambiare e in nessun modo un rinnegare il passato : Settimio Benedusi riconosce ancora la grande professionalità degli addetti ai lavori del mondo della moda e delle riviste a cui per lungo tempo ha collaborato.
Solo che ad un certo punto ha iniziato a non trarre più soddisfazione da quel tipo di fotografia.
E quando questo accade, qualsiasi mestiere si faccia, vuol dire che è arrivato il momento di cambiare.
Voleva rendere protagonisti della sua fotografia persone normali e non più top model e allo stesso tempo strappare dal rischio dell’oblio digitale la forma più antica di fotografia : il ritratto.
E allora l’idea : fare dei ritratti a delle persone normali (anziché alle top model), in posti normali (anziché su set elaborati) e alla fine, stampare la fotografia. Si sarebbe andati a casa con qualcosa tra le mani : il proprio ritratto.
Ancora una volta un’intuizione che necessitava di una certa dose di coraggio per essere messa in pratica, un altro eccitante salto nel buio.
Quale posto scegliere per cercare di trovare persone normali se non un mercato?
E così in un mercato di Modena, Settimio Benedusi mette su un suo spazio e gli dà le sembianze di un circo.

Come la prima notte ad Alassio, quando non sapeva se davvero qualcuno gli avrebbe dato ospitalità, adesso aveva il dubbio che l’idea di farsi fare un ritratto potesse riscuotere interesse.
Ancora una volta ci aveva visto giusto : tante persone attesero in fila la realizzazione del proprio ritratto.

Cercare di capire di cosa è fatto quello scarto di sensazione che esiste tra il vedersi in una foto su uno schermo e in una stampata, è forse il segreto del fascino di questa iniziativa.
Quello che ne viene fuori è qualcosa di molto potente e misterioso.
Non so se è partito tutto da quella volta al mercato di Modena, ma altri fotografi hanno contribuito a Ricordi Stampati e ancora oggi è possibile farsi fare un ritratto in varie città d’Italia.
Conclusioni
Siamo arrivati alla fine di questo articolo e mi rendo conto di aver parlato molto poco delle fotografie di Settimio Benedusi e di più degli eventi legati alla sua vita.
Ma credo sia giusto così.
Quello che ho sempre apprezzato di questo grande fotografo è il suo approccio alla fotografia e la sua capacità di trasmettere la passione per questa grande arte.
Non ultimo, la capacità di reagire a tutto quello che gli succede intorno reinventandosi in ogni occasione, anche in quelle più difficili.
Non è facile lasciare una carriera affermata nel mondo delle riviste e della moda, e lui lo ha fatto solo perché non era più soddisfatto di quello che stava facendo.
Alla fine, si può dire che Settimio Benedusi sia davvero un sostenitore del “prima soddisfa te stesso”.
Never play to the gallery.
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